La maturità registica raggiunta in Isole e l’invidiabile capacità di mettere insieme e poi dirigere un cast di prim’ordine, nel quale spiccano le presenze di Asia Argento, Ivan Franèk, Giorgio Colangeli, Paolo Briguglia, Alessandro Tiberi, Anna Ferruzzo Pascal Zullino, sono già state oggetto di indagine, nella recensione del film di Stefano Chiantini pubblicata su RomaLive. Non pago di ciò, ho chiesto di incontrare questo giovane autore natio di Avezzano e con altri due lungometraggi all’attivo, tra cui l’interessante L’amore non basta con Giovanna Mezzogiorno protagonista, così da discuterne insieme le fonti di ispirazione e il modo di fare cinema. Ecco il frutto della nostra conversazione.

Il tuo ultimo film, “Isole”, è ambientato in un particolare contesto naturale e antropologico, quello delle isole Tremiti. Come e quando si è sviluppata l’idea di girare tale racconto cinematografico proprio in quel luogo?

Stefano Chiantini: L’idea di girare alle isole Tremiti ha accompagnato l’intera stesura della sceneggiatura, diciamo che fin dall’inizio l’isola si è proposta come un quarto personaggio protagonista. Le isole Tremiti erano e sono un posto che conosco molto bene e, come è ovvio, hanno influenzato molto la scrittura della storia.

Il fascino della cornice naturale, come anche l’attenzione per i volti e per l’espressività degli attori, beneficiano della fotografia decisamente ispirata di Vladan Radovic. Cosa puoi raccontarci della vostra collaborazione, sotto il profilo umano ed artistico?

Stefano Chiantini: Ci sono due persone che sono state determinanti per il mio film, professionalmente ed eumanamente: una è Vladan, l’altra è Luca Benedetti, il montatore. Luca, poi, lo è stato anche in fase di scrittura, è una persona di cui umanamente e professionalmente non potrei e non vorrei fare a meno.
Tornando alla tua domanda, l’incontro con Vladan ha dato tantissimo a me e alla storia, la sua disponibilità e complicità, abbiamo condiviso molto e mi ha insegnato molto. Abbiamo portato avanti la storia con grande intesa.

Quanto è stato difficile mettere su un cast di tale livello, con attori bravi e in alcuni casi, vedi Asia, di fama internazionale?

Stefano Chiantini: Diciamo che tutti gli attori hanno sposato in pieno il progetto. Chiaramente ci sono state delle difficoltà dovute a ritardi, slittamenti e altre cose che, immagino tu lo sappia molto bene, stanno dietro ad un film “piccolo” e indipendente. Ivan Franèk e Alessandro Tiberi li conosco da molto e mi è stato facile coinvolgerli. Asia l’ho voluta fortemente, l’ho aspettata, e anche lei ha voluto fortemente il film, che conosceva già dalle prime stesure. Giorgio e Anna sono stati affascinati dalla storia e li ho contattati a sceneggiatura terminata.

Rispetto al precedente lungometraggio, “L’amore non basta”, mi è sembrato di notare sia una maturazione stilistica che alcuni segni di continuità, per esempio la tendenza a tratteggiare personaggi maschili che rivelano fragilità, sensibilità e sofferte dinamiche interiori. In tal senso pare emblematica la scena in cui Ivan viene aggredito, mostrandosi poi dolorante e impacciato agli occhi di Martina. Cosa puoi dirci a riguardo?

Stefano Chiantini: E’ vero, è sicuramente un film più maturo, anche perché più sentito, ed ha comunque dei tratti che sento molto miei: la solitudine, l’indagine interiore dei personaggi, l’animo umano “indagato” nei momenti di “maggiore” difficoltà. Insomma quello che mi interessa è l’umanità, l’indagine emotiva e psicologica – intendo cose anche normali: l’amore, l’amicizia, il lavoro – inserite e immerse però in un contesto particolare che amplifichi questi aspetti.

Un’altra curiosità su “Isole”: la scelta di introdurre l’apicoltura nel racconto è di notevole impatto visivo e metaforico, per quanto riguarda quindi la presenza delle api si è trattato di una semplice intuizione o vi è qualche richiamo cinefilo? Personalmente mi è tornato in mente “Il volo”, quel film di Angelopoulos sceneggiato da Tonino Guerra in cui Marcello Mastroianni impersonava proprio un apicultore…

Stefano Chiantini: Amo molto Angelopoulos e conosco bene quel film. La scelta delle api però è stata immediata: con Massimo Gaudioso, che ha scritto con me il soggetto, ci piaceva pensare ad un mondo “selvaggio” eppure civilissimo in cui far calare Asia. Un mondo con cui per entrare in sintonia devi essere accettato, avere una grande sensibilità, un mondo che ti protegge dall’altro (almeno che l’altro non dimostri di avere la stessa sensibilità), un mondo in cui si lavora con un’attrezzatura che fa da schermo verso l’esterno.

Cosa ne pensi del percorso distributivo nuovo, coraggioso ed originale che con Gianluca Arcopinto e Selvaggia Sada avete pianificato, per l’uscita di “Isole”?

Stefano Chiantini: L’idea di Gianluca Arcopinto, sposata in pieno da Selvaggia Sada e da me, trovo sia come sempre innovativa e coraggiosa. Insomma uscire online in contemporanea alle sale poteva essere un’arma a doppio taglio, invece si sta dimostrando una grande risorsa. Non solo va incontro ad i tempi, ma sta dando un risalto al film che in questo modo si sta differenziando da altri lavori di grandissimo valore – Ruggine, Il paese delle spose infelici, sette opere di misericordia, solo per citarne alcuni – che non hanno avuto il risultato che avrebbero meritato. In Italia bisogna far capire che dei film di valore esistono e potrebbero essere visti, se però distribuiti bene e non come ormai fa la maggior parte delle distribuzioni italiane, assistite e assistenzialiste. Ormai in Italia si fa solo “service”, si pagano le sale per uscire, insomma c’è una politica malata. Gianluca è un tentativo di salvataggio.

Per concludere, vuoi dirci due parole sull’esperienza avuta al festival di Toronto?

Stefano Chiantini: E’ stata un’esperienza bellissima, ero lì con grandissimi registi, Moretti, Crialese, Olmi e Amelio, e per me era un onore. Quando poi il film è stato proiettato e la risposta della gente è stata positiva non stavo più nella pelle. Soprattutto, però, ho scoperto un mondo sano, mi spiego: aspettavamo da mesi una risposta da Venezia che non arrivava mentre, spedito il dvd a Toronto, dopo tre giorni ci ha chiamato il direttore del festival per invitarci. Questo ci fa capire la differenza tra Italia ed estero, e tu sai che Toronto, dopo Cannes, è uno dei festival più importanti al mondo.