E’ arrivato il periodo del più tipico passatempo goloso, ricco di virtù nutritive e di sapori. Il gelato, bisogna dire che è anche riuscito a superare il limite stagionale per proporsi ormai in qualsiasi periodo dell’anno. Se per strada si consuma, soprattutto nei mesi estivi che si protraggono fino alle calde ottobrate romane, a tavola ormai viene richiesto spesso come un sofisticato dessert. Infatti non vi è più un pranzo importante in cui il gelato non sia proposto in tutta la ricchezza di particolari. L’alimento è popolarissimo e viene offerto a tutte le latitudini in molteplici varietà e composizioni. In Italia, A Roma e nel Lazio la tradizione del gelato è particolare, risponde alle esigenze degli amanti del buon gusto ed è posizionata sugli scaffali più in vista nella credenza della gastronomia locale. Con metodi artigianali nella nostra regione vengono preparati quintali di paste gelato al gusto di latte, frutta, fragole, nocciole, creme, caffè e derivati. Il genio creativo spesso utilizza accostamenti arditi, legati alle mode che poi si imparano ad apprezzare.
D’altronde la storia ci insegna che il primo uomo che mangiò un gelato fu Isacco, dopo che suo padre Abramo lo implorò di mangiare il latte di capra misto a neve, poiché già le più antiche civiltà usavano mangiare neve aggiunta a frutti o aromi speziati. Oggi produrlo artigianalmente non è una impresa facile, infatti deve essere consistente ma morbido, resistente e di gusto e colori definiti, quindi è fondamentale la scelta degli ingredienti, la loro miscelazione e le tecniche di lavorazione.
Particolare successo nei nostri territori ha il gelato ai frutti di bosco.
Per cinque persone bastano: 400 grammi di frutti di bosco freschi, 170 grammi di zucchero, 25 cl. di panna e mezzo limone.
La frutta va lavata accuratamente e privata dei piccioli. Poi si mette nel frullatore in cui va aggiunto il succo di mezzo limone, preventivamente filtrato al colino, lo zucchero e poi la panna. Il tutto va nuovamente frullato e messo nella gelateria per 20 minuti.

di G.M. Ardito