I commenti intercettati al termine della proiezione lasciavano pochi dubbi in proposito: tra chi gridava alla boiata pazzesca e chi appariva positivamente scosso dalla visione, Chronicle di Josh Trank è uno dei film che hanno maggiormente diviso il pubblico del Future Film Festival. Questo ci sembra di per sé un dato interessante, dal quale partire per impostare la discussione su un’opera che non lascia comunque indifferenti, che può irritare profondamente come può saturare di suggestioni uno sguardo abbandonatosi con curiosità all’esperimento. Già, perché il tentativo di rinnovare il genere, riuscito o meno che sia, è innegabile. Ciò che Josh Trank (segnalatosi nel 2007 attraverso un filmato, Stabbing at Leia’s, divenuto un caso dopo aver ottenuto oltre dieci milioni di visualizzazioni sul web) ha provato a fare con la classica figura del supereroe corrisponde, più o meno, a quanto tentato da Matt Reeves rispetto ad altri orizzonti dell’immaginario fantastico, quelli riconducibili all’idea di “monster movie”. E come in Cloverfield l’apparizione del mostro era filtrata da un radicale mutamento del punto di vista abituale nonché da un personaggio ossessionato dalla propria videocamera (situazione il cui paradigma formativo può essere rintracciato, volendo, nell’antesignano The Blair Witch Project), in Chronicle un processo simile viene avviato rispetto alla genesi dei superpoteri in un microcosmo adolescenziale fondamentalmente depresso, potenziale parafrasi delle tante pellicole di ispirazione fumettistica.

I minuti iniziali del film di Josh Tank sono quanto di più omologato si possa immaginare rispetto alla mediocre quotidianità di tre teenager, uno dei quali (guarda caso il più frustrato) non si separa mai dalla videocamera, tra episodi di bullismo subiti a scuola o in famiglia e tentativi di mettersi in mostra alle feste. Ma quando Andrew, Matt e Steve, avventurandosi in una specie di grotta, entrano in contatto con uno strano materiale di probabile origine aliena, la loro vita si trasforma completamente: in poco tempo tutti loro cominciano a sviluppare il dono della telecinesi, facendo progressi continui, progressi tali da consentirgli di sollevare il proprio corpo in aria e quindi di volare. Nonostante il tentativo di darsi delle regole, la scoperta che tali poteri possono essere usati per danneggiare altre persone e prendersi qualche vendetta personale avrà su qualcuno di loro un esito nefasto, disgregando in breve la già precaria unità
del gruppo, ed avviandoli poi tra azioni sempre più iperboliche, esagerate, verso un confronto finale dai contorni drammatici. Il tema del supereroe spogliato della sua dimensione mitica e ricondotto ad una talvolta avvilente vita quotidiana sembra essere una costante del cinema americano degli ultimi anni, fin troppi titoli si potrebbero citare a riguardo. Ma nel caso di Chronicle è la forma scelta per questa decostruzione del genere di riferimento a suscitare interesse. Certo, non diversamente dal succitato Cloverfield, l’eccessiva insistenza sulla maniacalità e sulle frustrazioni del personaggio che intende documentare ogni passaggio della sua esperienza col video, anche nelle situazioni più estreme, introduce una nota programmatica che alla lunga può disturbare. Ma nell’insieme l’operazione garantisce un approccio consapevole e  spiazzante all’universo dei supereroi, un approccio teso a sgretolarne la solidità, complice anche un approccio visuale sporco quanto basta ma capace di integrare con la necessaria robustezza l’elemento fantastico nella voluta sciatteria di fondo.