Incontro con la stampa svoltosi la mattina  del 7 maggio. Parla per primo il distributore Mario Pasini, rispondendo a una domanda sull’uscita del film, che è ormai prossima.

Abbiamo deciso di distribuire Il richiamo, a partire dall’11 maggio, pensando a 25, 26 copie da
spalmare sul territorio nazionale. Tra queste, 19 dovrebbero entrare in gioco nel primo weekend e le restanti nel weekend successivo, volendo noi puntare a una certa tenuta. Perché abbiamo scelto il film di Stefano Pasetto? Sostanzialmente perché ci è piaciuto, un gradimento che vorrei ricondurre a tre ragioni fondamentali:

Primo, perché trasmette valori particolarissimi, attraverso una storia facilmente adattabile al pubblico italiano.

Secondo, perché siamo rimasti piacevolmente sorpresi della pulizia registica del prodotto, cosa di cui mi complimento sempre con Stefano.

Terzo, perché ci sono paesaggi stupendi che risollevano l’anima.

La parola passa poi a Stefano Pasetto, il regista.

Da parte mia, sottolineerei proprio il valore dell’esperienza che abbiamo avuto in Patagonia: nessuno di noi è rimasto lo stesso, dopo questo viaggio, dopo esser stato in quei posti con determinate persone. Del resto si tratta di una storia divisa tra la metropoli, Buenos Aires, che specialmente per il personaggio di Lucia ha funzione di gabbia, ed i grandi, sconfinati spazi naturali.

Alla discussione si sono poi aggiunte le due  attrici protagoniste.

Mentre Sandra Ceccarelli fa il suo ingresso in sala, è Francesca Inaudi a prendere la parola:

Confesso che nei tre anni circa trascorsi dalla realizzazione del film ho sofferto parecchio, perché Il richiamo non riusciva ad essere distribuito in Italia. I luoghi, le persone, la sceneggiatura stessa mi avevano colpito molto, sin dall’inizio.

Poi è il turno della Ceccarelli:

E’ innanzitutto un film che racconta, come nella vita accade
pesso, un incontro importante: per il personaggio che interpreto, Lucia, incontrare Lea è come incontrare un angelo che le salva la vita.

Sui personaggi femminili e sul film in genere interviene anche la sceneggiatrice Veronica Cascelli:

Anch’io temevo un po’ il tempo passato da quando si è girato il film, ma noto con piacere che sono rimaste intatte le motivazioni, l’urgenza di dare del femminile un punto di vista diverso, di riscattare la figura femminile dando implicitamente al discorso una connotazione politica. Il film, rivedendolo, si presta a letture differenti, ma “il corpo delle donne” che era stato un titolo importante mentre stavamo elaborando il racconto ci rientra sicuramente, con l’idea di un corpo manipolato, controllato, che invece qui va incontro a un percorso di emancipazione.

Partono poi le domande del pubblico, la prima è per il regista Stefano Pasetto e si focalizza sulle scelte relative al cast femminile e non.

Dunque, Sandra rientrava nel progetto sin dalle battute iniziali, avevo pensato subito a lei per il ruolo di Lucia e poi ho scoperto che parla anche perfettamente lo spagnolo. Per Lea, invece, è iniziata presto la ricerca, che mi ha portato a Francesca della quale sono assai soddisfatto.
Non solo perché cercavo un’attrice che nel ruolo mi piacesse, ma perché mi occorreva una persona talmente forte da sobbarcarsi un viaggio dall’altra parte del mondo e lo studio di un’altra lingua. Con lei questa donna l’ho trovata. Visto che in Argentina abbiamo trovato sia tecnici e maestranze di provata bravura, di grande professionalità, che alcuni interpreti veramente validi, ci spiace un po’ aver perso la freschezza della presa diretta ricorrendo al doppiaggio. Ma si sa che in Italia funziona così e per fa uscire il film in sala, per aspirare a un pubblico maggiore, era un passo quasi obbligato.

Tra le successive domande, non si è fatta attendere quella relativa all’intimità e alle tenere effusioni tra donne, cose che hanno luogo non appena il rapporto tra Lea e Luci, inizialmente distanti, comincia ad approfondirsi.

Tutto ciò mi fa molto ridere, dice la Inaudi, perché già durante la lavorazione del film tanti hanno cominciato a farmi domande ammiccanti, un po’ morbose, per accertarsi se ci fossero o meno scene di amore lesbico. In realtà che si tratti di una donna o di qualcun altro a me non importa niente, perché si sta comunque recitando e farlo in situazioni così intime, con una decina di persone sul set che ti girano intorno, genera un po’ di imbarazzo a prescindere dalla persona che hai di fronte. Che siamo uomo con donna, uomo con uomo, donna con donna, si tratta sempre di amore, di sesso, quindi è una cosa delicata di per sé. Ma in Italia, lo dico da persona che ha avuto rapporti con donne solo per esigenze di copione, è difficile purtroppo che si tocchino certi argomenti senza scatenare polemiche sterili e di basso livello, me ne sto rendendo conto pure a teatro dove da mesi vado in scena con un testo in cui c’è anche l’amore saffico.

Su questo, aggiunge la Ceccarelli, sono perfettamente d’accordo con Francesca, nonostante non siano mancati durante le riprese gli attriti dovuti, più in generale, a un diverso modo di prepararsi per le scene. Avendo lavorato spesso con un regista come Piccioni,  mi trovo più a mio agio col suo metodo, che porta ad analizzare e provare ogni scena in maniera estremamente rigorosa, circostanziata. Ma su ciò che riguarda le scene di intimità do assolutamente ragione a lei, anzi, rispetto a Francesca mi azzardo a dire che baciare la bocca di una donna è una cosa bellissima, che da sensazioni particolari, sensazioni che avevo già provato e non solo sul set, quando ero adolescente.