Prosegue il percorso del Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma nel territorio della danza contemporanea. La seconda tappa, dopo la serata della passata stagione, prenderà il via domenica 15 aprile, alle 17, al Teatro Nazionale, con uno spettacolo di tre coreografie per quattro firme della danza contemporanea italiana, Abbondanza/Bertoni, Bigonzetti, Rossi. Il progetto, voluto fortemente dal direttore Micha van Hoecke, intende costruire una memoria e un’identità espressiva del Corpo di Ballo dell’Opera attraverso l’apertura non solo episodica ai nuovi linguaggi della danza. Quest’anno i ballerini del Teatro dell’Opera si confronteranno con tre titoli. Si comincia con Cerimoniale (da Capricci), creazione originale del 2007 di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni su progetto musicale di Corrado Bungaro e Carlo La Manna e musiche originali di Elisa Amistadi, Michele Bazzanella, Bungaro e La Manna. La coreografia esprime

il desiderio di abbandonare la narrazione per ritrovare la casualità e la necessità del ‘mettersi in moto’ liberamente sul palcoscenico.

Segue il lavoro di Mauro Bigonzetti – ex allievo della Scuola di Ballo dell’Opera – Duo inoffensivo,su musiche di Gioachino Rossini. Al pianoforte Gianni Maria Ferrini. Motore scatenante per le creazioni di Bigonzetti è senza dubbio la musica: in questo caso il Prélude inoffensif,composizioneper pianoforte di Rossini, è la fonte di ispirazione del cameo rimontato dal coreografo per due danzatrici del Corpo di Ballo romano. Chiude la serata, Cielo di marzo di Giorgio Rossi – altro coreografo nato dall’impronta della grande Carolyn Carlson, alla prima collaborazione con il Corpo di Ballo di un teatro lirico. La creazione, realizzata con Mariella Celia, deve il titolo a una poesia di Cesare Pavese del 1950, poco tempo prima del suicidio dello scrittore. Un inno alla vita, attraverso lo sfavillare della natura che si innesta sull’insolito materiale sonoro scelto da Rossi: una incisione della Radio Svizzera Italiana, datata 1965, di una prova d’orchestra del direttore Herman Scherchen alle prese con l’Allegretto della Settima Sinfonia di Beethoven.
Corinna Lucianelli
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