“Io sono un po’ matto e tu?”. Recita così lo slogan che ci accoglie, in quel di Roma, sotto il sorriso inquietante di un pagliaccio surreale.

Ma facciamo un passo indietro che ci aiuti in questo piccolo viaggio nel cuore della Capitale.

Il festival comincia con un piccolo ritardo, giusto il tempo che consente all’ospite di entrare nell’ottica giusta per capire cosa sia esattamente il teatro patologico.

Ci confrontiamo con i responsabili della kermesse, che si impegnano a dare voce “ai racconti delle storie personali, dei sogni e delle aspirazioni di persone con e senza disabilità che sono impegnate quotidianamente in cooperative sociali integrate”.

Il proposito è quello di far immergere il visitatore nella realtà che ci presentano i primi due
cortometraggi della serata: “Attraverso lo specchio”, il primo che ci viene mostrato, strizza l’occhio a Lewis Carroll (“Through the Looking-Glass, and What Alice Found There” è infatti il titolo del noto seguito di “Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie”). Girato con sapienza, il corto raccoglie vari disegni, cadenzati dalla narrazione, in prima persona, dei ragazzi che lo hanno realizzato: talvolta astronauti, altre volte alieni davanti ad un muro di televisioni, eco esplicita del personaggio di Bowie in “L’uomo che cadde sulla terra“. Di fronte ad una realtà discriminante e allo stesso tempo incomprensibile, lo spettatore si trova immerso entro immagini dissonanti, surreali, nelle quali il mantra “quando ero bambino” diventa un confine temporale indefinito. Ed è forse proprio perché, come sosteneva Tim Burton nel suo “Alice in Wonderland”, “i matti sono i migliori”: sempre bambini, sempre pronti a meravigliarsi e a insegnare qualcosa al mondo che, magari, li ha discriminati.

Il secondo filmato si rivela invece un vero e proprio “making of”. “Dalla Cassia a New York”, titolo curioso, ci mostra infatti le prove e la realizzazione dello spettacolo che la cooperativa AbilArte ha portato orgogliosamente in America. Si tratta di teatro organizzato, professionale, di una “intrapresa sociale”, come amano definirla i suoi coordinatori, i ragazzi e non; si spostano dal teatro romano per fare da coro, da attori, e da protagonisti al teatro newyorkese,  in uno spettacolo,  oltre realtà; sono messaggeri di una regina esigente, in un’Africa inventata, tr voci e costumi etnici di sapore ancestrale. La serata continua con la splendida performance di Simone Cristicchi, per chi non lo ricordasse, il cantautore di “Ti regalerò una rosa “( una rosa bianca come fossi la mia sposa ecc..), presentata in occasione del Festival di Sanremo 2007. La canzone raccontava di Antonio, un “matto” che, al pari di una farfalla che ha come solo fine quello di ammaliare chi la guarda con la sua danza, era volato fuori dalla finestra.  Cristicchi, brillante come al solito, fa precedere la musica da un frammento di un suo vecchio spettacolo, nel quale racconta di un piccolo paese senza nome. Qui, con il manicomio nel centro della città e i “sani” costretti a fuggire, saranno proprio i “matti” a cimentarsi nell’arte di governare.

L’esibizione prosegue con i pezzi cantati, dai quali emerge lo sguardo lucido del giovane Cristicchi sulla realtà contemporanea: i temi sociali del vivere “senza”, il lavoro e la sua assenza, e gli insegnanti di una sua zia “mattarella” come ama definirla:

“Ricordati Simone, prima cosa una lumaca se non viene schiacciata va dove vuole; seconda cosa, se la montagna viene da te e tu non sei Maometto, scappa perché è una frana; punto terzo, la gente vuole sempre pugnalarti alle spalle”

Su queste parole, si alzano le note di “Che bella gente” che ne approfondisce il senso, permettendo alla riflessione ilare di lasciare spazio alla commozione quando un ragazzo del
centro patologico chiede: “conosci qualcosa di Battisti?”. Cristicchi risponde, arrangiando “Emozioni” alla chitarra. Lo show si conclude con un nuovo pezzo, intitolato “L’ultimo Valzer“,  che racconta la storia di due teneri vecchietti che, nonostante gli acciacchi della senilità, si innamorano durante la notte di Natale in una casa di riposo.

Si conclude così la serata piacevole e intensa, corollario ideale per l’inaugurazione del bel festival tenutosi a Roma dall’11 al 15 aprile.

Le avventure dei nostri “matti” continuano invece con orgoglio durante tutto l’anno, e l’invito che ci sentiamo di rivolgere è quello di  spendere qualche ora in loro compagnia in questa “oasi di pace”, di vedere i loro spettacoli  nel cuore della Cassia, a Roma.

A cura di Francesca Tulli