Dalla tv al cinema: Boris – Il film
In un momento in cui abbondano a più non posso le commedie italiane in sala, e sempre più divise in sottogeneri, un posto a parte lo merita Boris – Il film. Si tratta in qualche modo di una scommessa, poiché il film deriva da una serie televisiva che ha avuto un notevole successo di pubblico. La serie Boris, partita nel 2007 e provvisoriamente fermatasi alla terza stagione, ha avuto un’idea piuttosto innovativa come trama: raccontare proprio cosa accade nei set delle fiction tv, e farlo in modo satirico mettendo alla berlina tutte le amenità di quel mondo: attori che non sanno recitare e superviziati, raccomandazioni per ogni professionalità, registi isterici e frustrati, produttori in odore di criminalità, troupe sottopagata e dai modi estremamente rozzi, e chi più ne ha più ne metta. I tre creatori del progetto: Luca Vendruscolo, Mattia Torre e Giacomo Ciarrapico, snobbati dalla tv generalista hanno quindi fatto centro e avuto un successo che deriva soprattutto dalla proliferazione via internet, oltrechè dalla trasmissione delle puntate sui canali Sky. La tappa ulteriore è stata dunque riuscire a spostare gli spettatori non più di fronte al Pc, ma bensì facendoli sedere in una sala cinematografica. Il film è pensato non certo in modo indipendente alla serie, e non ne nasconde affatto la derivazione sin dall’inizio. Intelligentemente però i tre autori, che già avevano esordito al cinema, seppur separatamente con Piccole Anime e Piovono mucche, hanno pensato comunque a rendere un intreccio assolutamente completo e che cammina con le sue gambe. Le continue gag vengono sempre aiutate dalla straordinaria caratterizzazione dei personaggi, come già nella serie sempre piuttosto sopra le righe, e dalla bravura di chi li interpreta. Un cast eterogeneo in cui primeggia Francesco Pannofino (noto anche come la voce di George Clooney), il Renè regista scorbutico che in mezzo a tante maschere d’ipocrisia e di clientelismo in qualche modo rappresenta la coscienza di un cinema che si scopre sempre più perso in se stesso. Così il messaggio amaro di Boris si addiziona: se infatti Rene Ferretti con la sua scalcinata troupe cerca qualcosa di diverso, l’arte o semplicemente la libertà espressiva pensando al cinema, trova invece le stesse imposizioni, produttive e di circostanza (è anche un microcosmo dell’Italia di questo momento), che erano il motivo che gli aveva fatto abbandonare la tv, imposizioni che si riflettevano ovviamente nella qualità delle produzioni (imperdibili le immagini della serie sul Giovane Ratzinger). Cosicchè se alla fine si vuole trovare un risultato sicuro e compiacere chi di dovere, allora non rimane che il cinepanettone. Si arriva anche a pensare a Natale al Polo Nord, e Natale nello spazio con momenti esilaranti (ma cadono nella rete della satira anche i fautori del cosiddetto cinema impegnato). In generale, aldilà del fondo amaro, si ride sempre lasciando spazio alla volgarità intelligente, che diventa sempre più, pur nel realismo delle situazioni, una farsa. Per chi ha visto la serie l’impressione è un po’ quella che si ha con I Simpson – Il film, ovvero che la durata breve e seriale dia maggiormente i suoi frutti rispetto al lungometraggio; per chi invece non avesse mai sentito nominare la fiction Gli Occhi del cuore, né i vari Biascica, Duccio, Corinna “la cagna maledetta”, sicuramente è un occasione per ridere in modo intelligente e diverso rispetto alla maggior parte delle commedie degli ultimi tempi. Probabilmente l’unico difetto è che lo spettatore accanto possa talvolta anticipare una risata vedendo l’ingresso di un personaggio a lui già noto.