“Via Castellana Bandiera”, esempio di luogo dove dover decidere cosa fare: lasciare la strada all’altro indietreggiando/collaborando lasciando passare, o rimanere nella propria posizione per far valere il proprio diritto calpestando il diritto altrui con ostinazione arrivando all’estremismo risolutivo? Fermarsi, fare un passo indietro, allargare la visione, con un campo visivo più grande e vedere cose che prima erano offuscate. Il film della regista teatrale Emma Dante,  prova calzante di come si possa  oltrepassare i limiti con chiusura e determinazione allo scopo di “primeggiare sull’altro“ a tutti i costi, oltrepassando il limite dell’estrema soluzione, arrivando ad ottenerla con ostinazione e fermezza…

Immagini senza parlato, idea motrice di grande riflessione. Il prima e il dopo, il presente e la storia, le tradizioni e l’attualità a confronto per trasmettere la voglia di arrivare allo scopo.

La Dante usa il linguaggio corporeo come strumento principe del comunicare sensazioni ed emozioni per parlare con sguardi e gesti, movenze e posture, meccanica sottilmente arguta di una sensibilità di animo al di là  delle parole, immagini che danzano su un dialetto, colonna sonora, di corpi che parlano.castellana

Usa il mezzo cinematografico con poesia fotografica sottolineando situazioni attualissime, puntando i riflettori sulle croci giornaliere del sopravvivere con arte, con cui i protagonisti diventano inventori di mestieri mai pensati e increduli davanti all’esistenza del lavoro da fumettista. Croci portate con dignità in situazioni di disagio che ancora esistono nel 2013.

Nel film, le croci  le  troviamo nella vita quotidiana di un quartiere di Palermo, principalmente in una via conosciuta solo a chi si avventura verso il Santuario di Monte Pellegrino, le croci di un cimitero dove i maggiori frequentatori sono i cani randagi, di cui prendersi cura come custodi dei propri cari. Il camposanto, come luogo di incontro intimo tra l’al di là e la vita terrena.