Alla Sigma Tau di Pomezia lavoratori a rischio cassa integrazione
Tensione per i lavoratori dello stabilimento Sigma Tau di Pomezia: per 569 di loro si apre lo scenario della cassa integrazione straordinaria. Lo ha reso noto due giorni fa un comunicato aziendale. E oggi loro, i dipendenti, su cui la decisione pesa come un macigno, si sono riuniti davanti ai cancelli per protestare contro questa politica societaria che lascerà a casa la metà dei lavoratori della sede pontina, che in tutto ne conta circa 1.200.
L’azienda leader nel settore farmaceutico da oltre 50 anni, con posizioni di rilievo anche sul mercato internazionale, non sembra essere stata risparmiata dalla crisi. E in tempi in cui gran parte della produzione italiana prende la strada della delocalizzazione, la Sigma Tau sembra aver scelto di restare. Ma lo scotto da pagare è un drastico ridimensionamento dell’organico, quello che nella nota diffusa dalla società viene definito «un piano di risanamento per recuperare efficienza, in virtù della volontà dell’azienda e degli azionisti di non delocalizzare la produzione e la ricerca».
Un primo campanello d’allarme c’era stato lo scorso 15 novembre, quando 13 dirigenti aziendali erano stati messi alla porta senza troppi chiarimenti: una scelta, anche quella, arrivata del tutto inaspettata. Il timore, che adesso possiamo dire fondato, che il provvedimento potesse estendersi, serpeggiava nell’aria. Eppure ancora oggi fra i lavoratori c’è un misto di sgomento e incredulità. Il fatto che la Sigma Tau abbia pagato fino a giugno non solo gli straordinari, ma anche premi di produzione, fa vacillare la tesi della crisi. La paura più grande, nonostante il comunicato dell’azienda affermi il contrario, resta quella che questo sia soltanto il primo il primo passo di una progressiva dismissione dell’impianto di Pomezia per spostare la produzione altrove o per chiudere i battenti oppure vendere.
Al momento non è ancora chiaro neppure quali settori saranno interessati dal provvedimento, si è parlato soltanto di unità in esubero. Intanto è stato convocato per il prossimo 6 dicembre un tavolo tra i vertici aziendali e i sindacati. Nel frattempo, per 569 famiglie è incertezza e paura.
di Valeria Torre