Estremamente creativo sul fronte dei linguaggi artistici e della loro contaminazione, molto attivo, serio e appassionato a livello di impegno politico, lo scrittore Edoardo Sanguineti è scomparso nel maggio 2010 in seguito a un grave problema di salute, trattato per giunta con superficialità durante quel ricovero ospedaliero resosi subito necessario. Sanguineti ci ha lasciato molteplici schegge di un percorso culturale ed umano così ricco, così pieno di risvolti da renderne auspicabile la riproposizione anche a beneficio del pubblico più giovane, che magari ha avuto meno occasioni di confrontarsi con l’autore e con le sue opere. In ambito teatrale questo Traumdeutung, datato 1965, è un testo che è stato messo in scena di frequente e che continua ad attirare rivisitazioni di vario genere. Tuttavia, se spostiamo ora l’attenzione sullo spettacolo cui abbiamo assistito ieri, 18 marzo, al Teatro Ygramul di Roma, l’impressione di grande vitalità che ci è stata trasmessa è d’aiuto nel comprendere un altro giudizio assai lusinghiero; quello espresso in precedenza dallo stesso Sanguineti a proposito di un gruppo, la Compagnia Melisma, le cui radici sono campane. Essendo l’intellettuale presente alla prima dello spettacolo che ebbe luogo al Teatro San Genesio di Salerno, il 24 febbraio 2006, fu con tali parole (di cui sono estratti qui i passaggi più significativi) che si trovò a commentare la loro performance: “E’ un testo che ho visto in molte versioni perché ha avuto molta fortuna. (…) Fra le molte realizzazioni che ho visto, devo dire che due mi sono piaciute molto: una volta a Parigi, in traduzione francese, e c’erano degli attori assolutamente straordinari. (…) La seconda volta che mi è piaciuto moltissimo è questa sera.”
Di sicuro tra le cose che hanno contributo ieri a scaldare il pubblico del Teatro Ygramul e che a suo tempo possono aver impressionato, in modo favorevole, l’attento ed esigente Edoardo Sanguineti, vi è l’affiatamento raggiunto dagli interpreti, in cui le notevoli qualità vocali si sposano con una presenza scenica divertita e vivace. Cominciamo però col dire che anche lo spazio prescelto si prestava ottimamente allo scopo: Ygramul è una tra le piccole, coraggiose realtà il cui impegno culturale appare doppiamente lodevole, svolgendosi in aree semi-periferiche della città che non abbondano certo di sbocchi simili. In più il locale in sé ha un appeal che va oltre la sobria funzionalità della saletta adibita agli spettacoli, trasferendosi pure al tono caloroso e accogliente del teatro nel suo compresso. A proposito di calore, grande è stato quello del pubblico nel recepire una versione di Traumdeutung, arricchita peraltro dall’iniziale interazione degli interpreti con gli spettatori, accolti al loro ingresso in sala con spezzoni di monologhi recitati quasi “ad personam” dai quattro attori poi destinati ad animare la “piece” : Emilio Barone, Carlo Roselli, Loredana Mauro e Francesco Petti. Tutti con una padronanza del linguaggio, colto principalmente nella sua musicalità, da far invidia, come si scoprirà a breve. Ed infatti proprio dal forsennato intrecciarsi e sovrapporsi di quei discorsi frammentari, all’apparenza privi di connessioni logiche, comincia ad intuirsi l’impronta dello spettacolo, “quartetto per una voce femminile e tre voci maschili” in cui il significato delle parole va a frantumarsi, in un continuo giocare a nascondino, nella morfologia stessa del suono: valori prettamente ritmici, onomatopee, frasi appena bisbigliate, grida, pause emblematiche, cambi repentini di intonazione, tutto concorre a quello “psicodramma” che al senso compiuto del discorso preferisce i moti d’ansia e gli scarti ironici, ben metabolizzati tra l’altro da un pubblico che ha mostrato di gradire molto, commentando con risate partecipi e applausi a scena aperta i momenti più folgoranti. Nell’indovinata semplicità scenica, che vede i quattro mattatori schierati in formazione dietro un leggio per gran parte dello spettacolo, da segnalare è anche l’intervento dello scenografo Domenico Latronico: appezzabile i suo tocco, specialmente in quella scena iniziale che vede l’attrice Loredana Mauro avvolta nelle lenzuola di un materasso non poggiato al suolo, ma sospeso in una inedita posizione verticale. E mentre si intravedono dietro il surreale giaciglio le figure degli altri tre attori, intenti a comporre con braccia, gambe e teste curiose coreografie, il taglio ironico e sperimentale della messinscena comincia a delinearsi, risultando da subito assai seduttivo.