I calciofili più incalliti potrebbero andare in crisi ed avere qualche attacco isterico, se si lanciassero sul serio alla ricerca di informazioni su un mondiale, quello del 1942, decisamente fantasmatico: si dice che lo abbiano giocato in Patagonia, ma in quegli anni c’era la Seconda Guerra Mondiale e tutto suona un po’ improbabile. Difatti la controversa manifestazione sportiva non compare ufficialmente in nessun annale del calcio. Pare invece che l’unico testimone di una certa levatura sia Osvaldo Soriano, celebre scrittore sudamericano: “Il mondiale del 1942 non figura in nessun libro di storia, ma si giocò nella Patagonia argentina”. Tale indizio, ad esser sinceri, dovrebbe già mettere sulla strada giusta, perché la poetica di penne sopraffine come Soriano e Borges, tanto per fare un altro nome illustre della letteratura argentina, contempla anche questo: giocare con disinvoltura sul confine tra fantasia e realtà storica, tra mondi di finzione e contesti che, paradossalmente, possono ambire a una qualche verosimiglianza. Ed infatti l’opera cinematografica dello scaltro duo composto da Lorenzo Garzella e Filippo Macelloni, Il mundial dimenticato, potrebbe essere addirittura scambiato da un occhio non sufficientemente smaliziato e in qualche misura “desideroso di credere” per un vero documentario. Del resto ci sono interviste a importanti personalità del calcio di oggi, materiali di repertorio in bianco e nero, ricognizioni dei luoghi in cui si sarebbe compiuto questo miracolo sportivo. Eppure, ci vuole uno spirito parecchio ingenuo e naif per considerare autentica una competizione organizzata in fretta e furia durante una guerra mondiale, competizione alla quale avrebbero partecipato pure le “nazionali” di un fantomatico Regno di Patagonia o degli stessi indios Mapuche… ecco quindi spiegato l’arcano: Il mundial dimenticato è in realtà un “mockumentary”, ovvero un finto documentario a tratti geniale (e un po’ ripetitivo giusto nella seconda parte) che spaccia per vero un evento ovviamente fittizio, ricostruito mescolando ad arte riprese effettuate per l’occasione  e materiali di repertorio di tutt’altra provenienza, sapientemente decontestualizzati. Il risultato è un film sul calcio in cui sfumano volutamente (e con dichiarati intenti goliardici) i confini tra verità e finzione, così da regalare una visione divertente e originale a quel pubblico che sappia stare al gioco.