Riuscendo a guardare il film “Boyhood” oltre la sequenza dall’alternanza delle immagini dov’è evidente la presentazione degli stili e dei costumi statunitensi, si riesce ad entrare nella storia del film come fosse quella di ognuno di noi sulla colonna sonora di Yellow dei Coldplay che traccia inesorabile lo scorre del tempo, lui il vero protagonista. L’esperimento rischioso del regista texano, Linklater ne fa un film riuscito: “Volevo realizzare un film sull’infanzia, ma qualunque vicenda circoscritta sceglievo come spaccato per raccontare quel periodo di vita, ciò che volevo rappresentare ne rimaneva fuori. Poi la folgorazione fu il processo ad interessarmi e solo seguendolo tutto in un progetto a lungo termine sono riuscito a mostrare quel concatenarsi di memorie e di momenti che il cinema mainstream sul tema non ha mai messo al centro di una storia. Non ci sono punti di rottura o veri colpi di scena e, ciò che più conta, nelle due ore e quaranta di visione è il tempo nei suoi momenti tra battute innocenti che funzionano tra realtà e finzione.
A rendere questo film unico è ci sono voluti dodici anni, dal 2002 al 2013 per terminarlo girandolo con gli stessi attori e la stessa troupe. Ellar Coltrane aveva sei anni all’inizio del progetto, ma era ormai un ventenne quando è salito sul palco alla première dell’ultima Berlinale, che ha premiato Linklater con l’orso d’argento come miglior regista.
Nel guardare lo scorre della storia di Maison e della sua famiglia, figlio di genitori separati lui condivide gioie e traumi con la sorella e la loro complicità emerge in ogni situazione alternandosi tra i weekend con il padre e il quotidiano scorre delle giornate con la madre troppo stressata nella gestione familiare e nell’inseguire il suo sogno di docente universitaria. Ci si trova ad essere spettatori partecipi alla crescita di Maison durante tutta la proiezione.
La storia viene raccontata con delicatezza, affetto e con una cura perfetta dei particolari.
La scoperta più bella è vederlo in lingua originale, perchè traspare l’autenticità di intonazioni e narrazioni che insieme alle espressioni divento il bel film quale è.
Complimenti al cinema Alcaz che offre la possibilità di poter apprezzare i film nella loro interezza, senza trasposizioni interpretative deprivate della loro intonazione in lingua madre.
Doppio merito al regista e al gestore del cinema nel cuore di Trastevere.