foto(6)A distanza di un po’ di tempo torniamo a parlare di fusione fredda con il dottor Francesco Celani, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Frascati, per capire come stanno procedendo gli studi su questo argomento.
Il termine Fusione Fredda nasce alla fine degli anni ’90 e convenzionalmente indicava tutti quei fenomeni anomali che venivano rilevati utilizzando particolari celle elettrolitiche in cui il  catodo era di palladio e la soluzione era basata sull’acqua pesante, in realtà oggi sta ad indicare tutti quei processi che hanno una produzione anomala di energia dai sistemi metallo-idrogeno, in parole più semplici questo particolare processo produce energia senza la pericolosità di un impianto nucleare da gestire e senza la grossa problematica di scorie radioattive da smaltire.

Leggi l’intervista al Dott. Celani del 10 Maggio 2010

Ma tornando a Celani: in un periodo di brutte notizie, il dottore è ben lieto di comunicare che progressi ne sono stati fatti, e comincia con il raccontarci degli stretti e collaborativi legami che si sono creati con gli Stati Uniti e la Corea dove è stato portato un piccolo reattore simile a quello usato da loro che ha permesso ai colleghi stranieri, oltre che di studiare la qualità del materiale prodotto, anche di valutare “l’eccesso termico” un qualcosa in più, quindi, rispetto a quello per cui era nato.

Leggi l’articolo del 18 agosto 2012 sul primo prototipo del reattore

foto(1) I dati sono andati così bene che un gruppo internazionale, il Martin Fleischmann Memorial Project, ha deciso di fare delle repliche di quello che il gruppo del professor Celani aveva trovato; il materiale, la costantana nanostrutturata viene fornita dall’INFN, mentre il Memorial Project ha il compito di replicare, per il 50% del tempo, gli esperimenti già eseguiti dal dottor Celani e per il restante 50% i metodi di misura nuovi così da individuare, là dove ce ne fossero, errori sistematici ripetuti con il metodo Celani.
Sono tre i gruppi coinvolti in questo progetto, uno in Europa, uno in Asia e l’altro negli Stati Uniti, e la cosa più bella è che tutti i team mettono in rete in tempo reale i risultati dei loro esperimenti; questo metodo di lavoro ha il vantaggio di coinvolgere e mostrare a tutti quanto sia difficile la strada della ricerca scientifica, soprattutto questo tipo di ricerca avanzata, dove la possibilità di successo è direttamente proporzionale alla sua importanza, più questa è notevole, più il tasso di successo è basso.
La buona notizia, però, ed è lo stesso dottor Celani a sottolinearlo, è che negli ultimi anni si è passati da una percentuale di successo del 1-2% tipico a un insperato 10%, e tutto questo grazie all’interazione costruttiva della rete che ha permesso ai giovani, sia d’età che di apertura mentale, di interagire.
Il Martin Fleischmann Memorial Project è il primo caso al mondo in cui persone “normali” con una cultura scientifica, insegnano agli altri quanto sia bello e anche difficile fare ricerca, e soprattutto quanto l’aiuto reciproco possa portare a risultati insperati.
Ed è proprio grazie a queste collaborazioni fattive, come rimarca lo stesso Celani, che lui ha potuto accorciare i tempi della fase iniziale dell’esperimento, cominciando a produrre velocemente risultati interessanti e abbastanza riproducibili.

Questa mentalità dovrebbe diventare la prassi nella ricerca scientifica, l’Italia poi per tradizione è la patria della fantasia, della creatività e deve essere sostenuta dalla classe politica che dovrebbe credere di più e investire nei progetti con alto contenuto innovativo, del resto come lo stesso professor Celani ribadisce con orgoglio, “solo gli italiani possono dare quel quid in più alla ricerca che porterà al successo”.
Del budget destinato alla ricerca in generale, ne basterebbe un 10% da indirizzare a quella altamente specializzata che unito ad una piattaforma open source darebbe risultati eccezionali per il bene dell’Italia e del mondo.
Nonostante i risultati fino a qui ottenuti, però, la ricerca del dottor Celani sembra non interessare al nostro Paese, del resto cosa importa all’Italia e al mondo di un progetto per la creazione di energia con un ridotto impatto ambientale? Meglio comprare energia “sporca” o creare centrali nucleari, no?
Uno fra i pochi Paesi, ad oggi, che sta sostenendo questo tipo di ricerca è il Giappone, chissà come mai, non resta che pensare che Fukushima, almeno a loro, qualcosa abbia insegnato. Come, forse, ha insegnato agli Stati Uniti, che dapprima contrari, adesso stanno portando avanti questo tipo di studi.
Basterebbe peccare un po’ meno di superbia e ricordarsi che l’uomo non è fondamentale per la Natura, se continuiamo a comportarci in questa maniera fra 30 o 40 anni, a causa dell’effetto serra, finiremo tutti “arrosto”e una volta eliminato il problema uomo, la natura ricreerà pacificamente il suo ecosistema iniziale.
Queste premesse rendono evidente l’importanza di continuare con questo tipo di esperimenti anche se incontrano l’ostilità di molti a causa della mancanza di una base teorica a supporto dei risultati ottenuti in maniera empirica ma, per superare il problema, basterebbe ricordarsi che la scoperta delle leggi che spiegano il funzionamento della macchina a vapore furono individuate 70 anni dopo l’effettivo utilizzo di questa.

Leggi l’articolo sull’E-Cat di Andrea Rossi pubblicato da Forbes

La “Fusione Fredda” è un tipo di ricerca che con i dovuti accorgimenti, con le dovute modifiche e con le adeguate risorse, nel giro di pochi anni, potrebbe essere una soluzione al problema dell’approvvigionamento energetico dell’Italia e non solo.banner

E’ possibile vedere il video dell’intervista al dottor Francesco Celani cliccando su: italialivetube

Leggi la seconda parte dell’articolo relativo all’incontro con il Dott. Celani e Bruno Ortenzi.

di Maria Francesca Piemontese