Come una semplice moka del caffè può insegnarci l’arte di dare istruzioni perfette a un marziano.

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C’è una notte silenziosa, in un quartiere come tanti. Le stelle brillano alte, testimoni di un evento straordinario. Un’astronave atterra senza rumore, e dal suo portello scende Kaleb, un viaggiatore stellare da un pianeta lontano chiamato Urbis.

È stanco, affaticato da un viaggio durato eoni di anni luce. Con una voce echeggiante, confida a un bambino, unico spettatore di quell’arrivo miracoloso: “Devo rimanere sveglio per comunicare ai miei compagni che sono arrivato sano e salvo. Cosa posso fare?”

Il bambino, con la saggezza semplice e immediata dei suoi anni, non si spaventa. Anzi, gli prende la mano e, con un dito sulle labbra per invitare al silenzio, lo guida nella cucina di casa. È lì, tra i profumi familiari della cena, che si cela la soluzione.

“Ssh, non svegliamo i grandi”, sussurra. “Ora prepariamo il caffè. È una pozione magica che terrà aperti i tuoi occhi.”

Kaleb, confuso ma fiducioso, annuisce. Osserva il bambino che, sollevandosi sulla punta dei piedi, tenta invano di raggiungere un oggetto luccicante su uno scaffale alto. È una moka.

“Prendila tu”, dice il piccolo, indicando. “È quella torretta di metallo divisa in due parti. Quella è la nostra macchina per la magia.”

Il marziano, con la precisione millimetrica della sua razza, esegue. A questo punto, il bambino fissa i suoi grandi occhi su Kaleb e pronuncia le parole più importanti di tutta la sera:

“Bene. Ora ascoltami con attenzione. Tu diventerai le mie mani, e io sarò il tuo pensiero che ti guida. Non dare nulla per scontato. Se io ti dico ‘svita’, per esempio, per me è un’azione ovvia. Ma per te non lo è. Quindi, quando ti dico ‘svita’, ciò che devi fare è: afferrare la parte superiore e ruotarla in senso antiorario, lentamente, finché non senti che la resistenza cede e le due parti si separano. Tutto chiaro?”

Kaleb, stanco, confuso, ma profondamente incuriosito, annuisce di nuovo.

E tu, caro lettore, cosa diresti ora?

Immagina di essere quel bambino. Il marziano non ha mai visto una moka, un rubinetto, un fornello. Non sa cosa sia l’acqua o il caffè in polvere. Se gli dici semplicemente “metti l’acqua”, potrebbe versartela in testa pensando sia un rituale. Se gli dici “riempi la caffettiera”, non saprebbe da dove cominciare.

La sfida è proprio questa: essere esatti. Non dare nulla per scontato.

Provaci. Prendi un foglio e scrivi la sequenza di istruzioni impeccabili che guiderebbe Kaleb, passo dopo passo, a preparare il caffè. Dallo svitare la moka, al riempirla d’acqua, al mettere il caffè nell’apposito filtro, fino all’accensione del fuoco.

Questo gioco apparentemente innocuo nasconde il segreto più profondo del dialogare con una macchina.

Nel prossimo articolo e nel video dedicato, ti sveleremo cosa ha detto il bambino al marziano. Insieme, capiremo come questo esercizio di precisione e pazienza sia la base per istruire non solo un alieno curioso, ma anche un computer. E soprattutto, come trovare le parole giuste per farlo.

Sei pronto a metterti alla prova?
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