Amedeo Teti candidato con la Lista Civica Monti al Senato ci parla di come valorizzare appieno il made in Italy creando un marchio universale e riconoscibile in tutto il mondo.
Il “Made in Italy” è ancora competitivo perché ha in sé il significato – nel giudizio dei consumatori esigenti di tutto il mondo – di una qualità di livello assoluto. E’ un asset di valore inestimabile.
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Oggi – in tempi di recessione, dato il mercato interno fermo – il commercio con
l’estero del nostro “Made in Italy” diventa una straordinaria leva economica perché
significa riuscire a produrre di più se aumentano le nostre esportazioni. Un aumento
delle esportazioni comporta pertanto aumento della produzione e mantenimento
dell’occupazione.
Non solo, ma commercio con l’estero significa anche qualcos’altro : attrazione di
nuovi investimenti.
Ecco che allora, in presenza di un flusso extra di risorse dall’estero, il Paese può
aspirare ad una crescita economica positiva aumentando la spesa pubblica per attività
remunerative come ad esempio talune infrastrutture e la ricerca/innovazione. Ma,
per fare questo, occorrono celeri riforme qui in Italia – fisco, lavoro, pensioni, rapida
soluzione delle controversie, minor possibile burocrazia – perché altrimenti gli
stranieri sceglieranno di investire in altri Paesi, oggi certamente più attrattivi.
Gli investimenti dall’estero possono poi essere orientati anche in attività private : gli
stranieri potrebbero produrre qui beni “Made in Italy”, magari da riesportare poi nei
loro stessi Paesi.
Valorizzando il “Made in Italy” con un marchio – di proprietà pubblica, depositato
in tutto il mondo – sarebbe poi possibile, oltre a combattere la contraffazione e
l’imitazione dei nostri beni, far “rientrare” nostre imprese che avevano delocalizzato
(perché il marchio lo potranno ottenere solo quelli che dimostrino l’origine italiana).
Soprattutto per questi motivi il commercio estero appare fattore di ripresa essenziale
per l’Italia.
Ecco perché vi è necessità che venga dotato di una solida strategia e rafforzato con
maggiori risorse.
Le nostre piccole e medie imprese industriali e commerciali, in tempi di
“competizione globale” come gli attuali, sono costrette ad andarsi a cercare gli
acquirenti, allargando ormai il proprio orizzonte oltre i confini.
E’ necessario quindi che possano essere messe in grado di operare ottenendo idonei
contatti con partner esteri affidabili e utilizzando export manager.
Si tratta di attività che non si improvvisano e che lo Stato può aiutare a realizzare,
come anche deve farsi carico – assieme alle associazioni – di “accompagnare”
all’estero le stesse imprese, anche nei mercati geograficamente più lontani.
Senza contare poi l’esigenza di creare le condizioni per realizzare catene di
distribuzione di prodotti “Made in Italy” nel mondo – in particolare l’agro-alimentare
e quelli di “largo consumo” – al pari di Paesi già attrezzati come ad esempio Francia o
Stati Uniti.
In sostanza le imprese che vogliono proporsi sul mercato mondiale devono trovare
nello Stato un efficiente punto di riferimento, quel consulente di marketing utile per
ottenere nuove opportunità di business.
Aumentare la produzione industriale, esportare di più, attrarre più risorse dall’estero
significa, nel breve/medio periodo, trasmettere un’iniezione di fiducia nel sistema
italiano che conduce inevitabilmente alla positiva ripresa degli investimenti e
all’aumento dell’occupazione.
L’Italia, grazie solamente alla sua geniale operosità, ha dimostrato di possedere una
leadership industriale che se dovesse andare perduta – in evidente mancanza di altre
ricchezze, come le materie prime o l’energia – ci condurrebbe ad un terribile declino:
il commercio con l’estero può essere invece una chiave di lettura per mantenere, e
prolungare nel tempo, un meritato benessere.