“Voglio una scuola che comprenda come sono concepiti e nascono i saperi. Una scuola in cui il sapere nasce dalle domande che il corpo pone. Una scuola in cui il punto di riferimento non sia il programma ufficiale da svolgere, ma il corpo del bambino che vive, contempla, rimane incantato, si impaurisce, domanda, infila il dito, assaggia con la bocca, sbaglia, si fa male, gioca. Una scuola che sia illuminata dallo splendore degli albori.” Rubem Alves
Si parla di scuola forse come non avete mai sentito parlare perchè i protagonisti sono loro, i ragazzi. Tutto si svolge al suo interno. La classe quarta della scuola elementare “M. Calini”.
Ogni giorno in aula ognuno svolge il proprio lavoro con passione e dedizione. La condivisione con gli alunni sono attimi d’intensa soddisfazione, legati a traguardi raggiunti o a crescite impreviste. Non mancano tuttavia momenti difficili e critici. Uno sbaglio può rappresentare un suggerimento inconsapevole, un invito a comprendere un ragionamento, una richiesta d’aiuto o un semplice bisogno di essere considerato. Allora le maestre si fermano, riflettono e si mettono in discussione.
Nel silenzio lo scambio di pensieri, dubbi, paure, intenti diventa fondamentale. Le maestre cercano di decifrare parole mute, sottovoce si calano nei loro pensieri, a volte sembrano perdere la pazienza e scappa qualche rimprovero ma poi ritornano sui loro passi e ascoltano. Ascoltano tutto il tempo necessario.
Da uno sguardo sboccia una parola. La parola prende coraggio e si evolve in un pensiero consapevole: Io ci sono.
Si forma così la comunicazione tra persone, il piacere di condividere, la volontà di crescere insieme. Qui, adesso, in questo preciso momento.