Cinque ragazzi americani variamente assortiti si apprestano a trascorrere il consueto weekend di bagordi e scontatissime trasgressioni in una vecchia casa, isolata nel bosco, dove si intuisce che il luogo possa nascondere terribili segreti, segreti raccapriccianti. Orrori quali potrebbero essere, facciamo un esempio a caso, la classica catena di crimini spaventosi e truculenti compiuti un tempo dalla famiglia che risiedeva in quella dimora, ed il repentino ritorno dei vecchi carnefici in forma di zombi assetati di sangue.
Fin qui sembrerebbe il solito horror. La solita casa. La solita mattanza annunciata. Ma non è così: per quanto le nostre simpatie vadano anche a quel cinema di genere votato, nella ristrettezza di formule e brividi preconfezionati, a far sobbalzare comunque lo spettatore sulla poltrona, Quella casa nel bosco di Drew Goddard sa citare (e in bello stile) un tale cinema di consumo, riuscendo ad essere molto, molto di più. Il film scritto a quattro mani col genietto Joss Whedon (mister The Avengers, nonché padre di Buffy l’ammazzavampiri) propone infatti già nello script elementi nuovi e riflessioni meta-linguistiche sul genere, tali da far pensare per l’ironia e per il coté ludico alla forse inarrivabile saga di Scream, partorita dalla fantasia malata del grande Wes Craven.
Entrando nello specifico, ma stando attenti a non rivelare troppo della trama, la sanguinolenta avventura dei cinque giovani più o meno scapestrati si rivelerà, sin dalle prime scene, parte di un gioco più grande. La loro presenza nella casa non è affatto casuale, anzi, l’essere continuamente spiati dagli occhi delle telecamere e da altri umani che li controllano denuncia, praticamente da subito, la natura apparentemente folle di un esperimento che guarda caso sta avendo luogo in diverse parti del mondo: loro come altri sono vittime sacrificali, capri espiatori di un gioco perverso dietro il quale si intravvede una minaccia ancora più pesante, per l’umanità, una minaccia dal chiaro retrogusto lovecraftiano. Strano a dirsi, ma l’idea dei “tributi”, dei giovani condotti al sacrificio pare assai gettonata, al momento: vedi anche Hunger Games di Gary Ross. Ma in Quella casa nel bosco l’esito è sensibilmente diverso. La premiata ditta Drew Goddard & Joss Whedon si è dimostrata assai abile, nell’intrecciare la pista soprannaturale (i mostri incontrati dai protagonisti sono veri) con quella tecnologica (la trappola fatta scattare dall’esterno) producendo situazioni di volta in volta drammatiche e potenzialmente umoristiche, visto anche il cinismo con cui viene condotta l’operazione: alcuni dei commenti fatti dagli uomini che stazionano nella sala controllo sono da antologia. Degni di una grande horror comedy. Ne derivano una traslitterazione, quindi, ed un omaggio divertito ma non superficiale al genere, che oltre a rivoluzionarne in parte i canoni risultano assai convincenti, sia nella vivacità della messa in scena che nel ricorso agli effetti speciali: questi servono anche ad animare una galleria di mostri che non passerà certo inosservata. Accanto a spettri, licantropi, creature deformi, morti viventi, ed altri ancora, confessiamo candidamente che un’emozione particolare ce l’hanno data i sosia dei Cenobiti di Hellraiser, sacrosanta citazione dell’altro mago del terrore metafisico Clive Barker.