(Afp)

Lo studio di un nuovo movimento e le critiche ai «partiti in crisi»

Un anno fa era ancora il ministro che scriveva un decreto che Berlusconi, qualche giorno dopo, aveva già deciso di cambiare. Era il potentissimo, quanto inviso ai suoi, uomo che decideva i tagli, le linee economiche, le politiche per la tenuta del bilancio. Quello a cui il Cavaliere, proprio nell’infuocato agosto del 2011, sottrasse di fatto la guida della politica economica prendendola in mano direttamente per predicare una «politica espansiva, per la crescita».

 

IL FUTURO – Il resto – un veloce precipitare della situazione verso la crisi che portò alle dimissioni di Berlusconi e al governo Monti – è storia. Adesso, c’è chi per Giulio Tremonti prospetta un futuro politico più che a rischio, chi ne evidenzia l’isolamento e l’ostilità in quello che è stato il suo partito, il Pdl, chi già preannuncia che Berlusconi «non lo candiderà più».
In realtà, come le cose dicono e come lo stesso ex ministro ha sempre sostenuto in questi mesi, la rottura – politica, non personale – è avvenuta allora. Quando le strade si divisero su scelte economiche diverse, quasi opposte. E da allora i rapporti politici tra i due si sono interrotti, anche se quelli personali, seppur sporadici, sono sopravvissuti alla tempesta, perché il Cavaliere è uno che non dimentica nemmeno i compleanni degli uomini con cui ha vissuto fianco a fianco (e proprio ieri, guarda caso, l’ex ministro festeggiava 65 anni, si può giurare che da Villa la Certosa sia partita la telefonata di auguri).

CONTRIBUTO – E però, è certo che il cammino comune si è interrotto, e che sembra ad oggi impossibile vedere Tremonti nelle liste di un Pdl che lo ha sempre vissuto come un corpo estraneo. Ma immaginare che l’ex ministro torni al suo studio professionale, si dedichi soltanto ai libri o ai convegni è altrettanto improbabile. Lui, con gli amici e i collaboratori, ha fatto capire che è pronto ancora a dare il suo contributo ad una politica che vede in una crisi di difficilissima ma anche «delle soluzioni possibili». Ed è convinto che uno spazio politico fra partiti sempre più in crisi ci sia.

 

I RAPPORTI – In un Paese dove la benzina sfiora i due euro – sono i suoi ragionamenti – dove si è varata una riforma delle pensioni che non darà risparmi e una del lavoro che creerà «centinaia di migliaia di disoccupati» tra i giovani con contratti a termine che non potranno essere assunti in pianta stabile dalle aziende proprio nei settori cruciali della crescita – quelli dell’innovazione, dell’informazione, della ricerca, dell’informatica -, nuove ricette sono doverose e possibili. Ed è a quelle che l’ex ministro sta lavorando, mantenendo molto stretti e frequenti i suoi rapporti con economisti come con politici, europei e non solo, conosciuti negli tanti anni in cui – alla guida dell’Economia -, l’Italia vantava una crescita «migliore di quella di Francia e Olanda», uno spread medio a 113, coesione sociale e anche il riconoscimento di Mario Monti che dava atto a Tremonti di aver tenuto in ordine i conti pubblici pur avendo fatto troppo poco per la crescita.

PARLAMENTO – Oggi invece il quadro appare all’ex ministro sconfortante. A bocce ferme, si prospetta un Parlamento legittimato dal voto del 60-70% degli italiani, con alto astensionismo, con i maggiori partiti che, anche in Grande coalizione, non rappresenterebbero nemmeno la metà degli italiani. E questo perché l’offerta politica è «limitata»: un Pdl sempre più trasformato in Lista Berlusconi, una Lega non più di governo, qualche lista personale di «telepredicatori» e Grillo. Questo avrebbero di fronte gli elettori del centrodestra, visto che la Cosa centrista in costruzione appare, con le aperture a sinistra, più «rosa che bianca…».

MOVIMENTO – Ecco allora che si apre uno spazio per un movimento ancora tutto da costruire ma del quale Tremonti può fare da catalizzatore. Nelle sue uscite pubbliche in occasioni di dibattiti e per la presentazione del suo ultimo libro, «Uscita di sicurezza», raccontano che l’interesse attorno a lui e a un suo eventuale impegno è stato costante. E la dice lunga il botta e risposta avvenuto la scorsa settimana a Cortina, dove appunto Tremonti si trovava per presentare la sua ultima fatica e dove aveva appena finito di smontare pezzo per pezzo la politica di Monti con relativi risultati (non a caso al suo governo ha votato solo la prima fiducia, e nessun’altra). Ad una signora che gli chiedeva di firmare una copia del libro e che, entusiasta, gli sorrideva «professore, lei deve fondare un partito!», ha risposto in sua vece l’amico Gianni Letta, presente all’evento: «Ma guardi che lo sta già fondando…». «Ho passato il Rubicone», è stata l’unica ammissione fatta tempo fa da Tremonti a chi gli chiedeva cosa avrebbe fatto in futuro, conscio comunque che «le piante devono crescere dal basso». Se non è un annuncio, ci somiglia molto.