A pochi mesi dall’uscita della fiaba colorata di Tarsem Singh con l’intramontabile Julia Roberts, “Mirror Mirror“ (uscito con il titolo di Biancaneve in italia), esce l’11 di luglio nelle sale la risposta dark del regista Rupert Sanders che cavalca il revival della fiaba dei fratellini Grimm, portando sullo schermo il lato oscuro di una medaglia che ha ancora molto da mostrare. La cornice del film è epica, ma la pellicola in sé è maldestramente articolata, ed è imbarazzante dover paragonare la bellezza e la bravura di un’attrice del calibro di Charlize Theron, che veste i panni dell’invidiosa e sanguinaria Regina di Raven(na), con l’ acerba e inespressiva “principessa” Neve la Bellona di Twilight, Kristen Stewart, che, da quando entra in scena, inciampa su ogni rovo, contribuendo a rovinare quella che se non fosse stata una operazione commerciale poteva essere una pellicola di un certo valore visivo; al contrario, l’australiano Chris Hemsworth  (già Thor nell’omonimo film di Kenneth Branagh e nell’ epocale The Avengers)  dà una bella prova d’attore, rendendo credibile il personaggio del cacciatore vedovo e affranto: non tradisce così le aspettative delle fans, mostrandosi capace oltre che bello. La fiaba è condita da maestose scenografie, ma se sembra di guardare un buon documentario sulla vita della regina Elisabetta, negli interni dei castelli, la prospettiva cambia nelle foreste incantate, all’esterno, che fanno l’occhiolino alla Alice in Wonderland di Tim Burton (dello stesso produttore Joe Roth i due film); ed entrambe le pellicole hanno forse la stessa debolezza, vivono dei ricordi d’infanzia degli appassionati del genere che non possono non pensare a classici come Labyrinth (e come gli altri capolavori della casa di Jim Henson)  e, in Italia, alle creature di Lamberto Bava in Fantaghirò: produzioni intramontabili che senza computer grafica potevano vantare il fascino del costruito, posticcio, ma estremamente efficace e reale panorama di gomma piuma, lattice e cartapesta.  Facendo il paragone le foreste e i boschi incantati del 2012 sono solo fumo nero, per quanto piacciano innegabilmente alle nuove generazioni. I costumi sono grandiosi a cominciare da particolari come i teschi degli uccellini sulle decorazioni della regina crudele fino ai ricami dorati sulle cotte d’argento della medesima, per non parlare dell’abito della protagonista, che è sapientemente coperta sotto le gonne, facendo diventare all’occorrenza un abito femminile quello di una guerriera. La colonna sonora incalza e finisce sulle note della bravissima Florence +The Machine, tant’è che la canzone di coda “Breath of  Life” è già un cult sulla rete. Il film non prende il volo a causa della sceneggiatura, anche perché poggia su una protagonista ingombrante, troppo buona, troppo amata senza un’apparente ragione da i due belli di turno (ovvero quella del regista è la scelta di cavalcare il modello del triangolo amoroso Jacob e Edward nella saga dei vampiri di Twilight). La natura si inchina a una rampolla di nobili natali che non ha nulla di principesco, e ne risulta un’eroina moderna che viene messa per esigenze di copione su un piedistallo e non fa nulla per guadagnarselo. I riferimenti alla fiaba ci sono: il cacciatore, la mela avvelenata, e i sette nani, che sono otto per esigenze di trama, ma purtroppo sono anche essi messi da parte per offrire più spazio alla regina sullo schermo. Leggendo la vera storia dei fratelli Grimm sembra che solo il buon vecchio Walt Disney abbia creato un adattamento, se non fedele, rispettoso, se non altro della Biancaneve pura e innocente, che fu principessa e ora guerriera in ben due film… a margine mi chiedo, se non sia il caso di lasciare le armi e le armature ad altre eroine con l’arco e le frecce, come l’affascinante e rossa Merida in The Brave della Pixar, di prossima uscita, e la bella Katniss dello spietato Hunger Games, e magari rilanciare sul grande schermo una principessa dolce e indifesa che aspetta il bacio del principe azzurro in una teca di cristallo?

A cura di Francesca Tulli