Un pomeriggio al Laurentino per Veronica Pivetti, che giovedì al teatro Elsa Morante ha presentato il suo libro Ho Smesso di Piangere, pubblicato da Mondadori. E’ la sua prima incursione nel campo della scrittura, “ma non sarà l’ultima”– anticipa. 160 pagine di sincerità in cui l’attrice si racconta nella fase della sua vita in cui ha sofferto di quel “male invisibile” che è la depressione. Sei anni che Veronica ha passato “a molllo nel dolore, piangendo per moltissime ore della giornata”.
Tutto è cominciato quando la sua tiroide è andata in tilt, di lì una serie di cure sbagliate e poi … “la catastrofe, che è durata per tantissimo tempo”. “La cosa di cui ho avuto più bisogno – confessa – è stato l’ascolto. Il malato di depressione ha bisogno di essere creduto. Tanti fanno passare la depressione per tristezza, ma non c’entra niente. La tristezza è uno stato d’animo, brutto, certo, ma poi passa. La depressione è una malattia e va trattata come tale. Ma spesso non ti credono. Perché quando ti rompi un braccio o una gamba, è evidente. Ma quando ti rompi dentro non si vede. E allora per molti è come se non c’è. Lo scetticismo è doloroso, ed è faticoso dover convincere di stare male”.
Ricorda tutto di quel periodo Veronica: il rapporto con i genitori, dalla quale si è allontanata perché convinta “che loro non avrebbero potuto capire”. E ricorda anche il suo rapporto con il lavoro: “qualcosa che mi ha tenuta ancorata alla vita, alla realtà. Un certo umorismo non mi è mai venuto a mancare, all’esterno riuscivo ancora ad apparire brillante. Tecnicamente riuscivo anche a scatenarla una risata. Ma non me la godevo più. Questo rendeva il mio essere molto penoso”.
Non nasconde neanche di aver sperato che capitasse qualcosa che “per fortuna non è successo”.
Poi un giorno, uscita da uno studio “dopo l’ennesima visita dall’ennesimo professore”, qualcosa è cambiato. “Ho respirato l’aria di Roma. Un’aria frizzante, leggera, bella, che mette addosso un’emozione unica. Mi sono accorta che ricominciavo a sentire delle sensazioni. E ho capito che i miei sensori stavano tornando a funzionare. Era l’inizio della ripresa, ma anche quella è stata lenta e discontinua”.
Ha versato tante lacrime Veronica. E adesso che ha smesso di piangere, riesce anche a essere riconoscente per quello che le è capitato. “E’ stato un dolore che mi ha capovolto. Mi sono dovuta barcamenare e reinventare. Adesso so molte più cose di me, e so molte più cose in generale. Ho ampliato i miei punti di vista”.
di Valeria Torre