La 69. Mostra di  Venezia offre nella serata di pre-apertura,
in una nuova copia messa a  disposizione da CSC – Cineteca Nazionale,
Roma ore 11 di De  Sanctis, nel sessantesimo anno della prima proiezione

 

Il capolavoro di Giuseppe De Sanctis (1952) sarà  proiettato martedì 28 agosto all’Arena di Campo San Polo, in collaborazione con  il Comune di Venezia.

 

 

 

Roma ore 11 di Giuseppe De  Santis, distribuito nel febbraio 1952, prodotto dalla Titanus e interpretato  da Lucia Bosé, Carla Del Poggio, Raf Vallone e Massimo  Girotti, si basa sull’inchiesta condotta da Elio Petri, che fu aiuto  regista nel film, in seguito a un tragico fatto di cronaca avvenuto a Roma nel  1951. La sceneggiatura, oltre che dallo stesso De Santis, è firmata da Cesare  Zavattini, Basilio Franchina, Rodolfo Sonego e Gianni  Puccini.
La vicenda di Roma ore 11:  rispondendo all’annuncio su un giornale, duecento ragazze si presentano in via  Savoia a Roma per ottenere un posto di dattilografa presso lo studio di un  ragioniere. In un’Italia esasperata dalla disoccupazione, ma ancor più  dall’impossibilità per le donne di trovare lavoro, arrivano per il colloquio  giovani di ogni tipo ed estrazione sociale: nobili decadute, prostitute che  cercano di cambiar vita, mogli con il marito disoccupato, figlie di ex  benestanti cui la pensione non basta per sopravvivere. Accalcatesi sulle rampe  delle scale del piccolo palazzo, si scambiano impressioni e accennano alle loro  esistenze fatte di miseria ed espedienti per vivere. Un litigio per la priorità  in fila trasforma l’attesa in tragedia: la ringhiera della scala cede,  distruggendo a uno a uno i gradini, facendo precipitare le donne, molte delle  quali rimangono ferite, mentre una di esse, Anna Maria Baraldi, muore. Portate  in ospedale, l’amara scoperta: per essere curate, gli uffici pretendono il  pagamento della retta giornaliera di 2.300 lire. Molte di loro sono costrette ad  andare a casa perché impossibilitate a pagare.
Le stesse tematiche, sullo sfondo di una  società contadina conflittuale, quella della natìa Fondi, vengono trattate nel  successivo Non c’è pace tra gli ulivi (1950). Con Roma ore 11, e Un marito per Anna Zaccheo (1953), che descrive le inquietudini di una  ragazza napoletana (Silvana Pampanini) tormentata dalla sua bellezza, De Santis  lascia momentaneamente la campagna per trattare temi cittadini e borghesi. Con Giorni d’amore (1954)e Uomini e lupi (1956) torna ai temi  originari della vita dei piccoli paesi. In particolare Giorni d’amore è  il suo primo film a colori e conquista il Nastro d’argento per il migliore  attore protagonista (Marcello Mastroianni). Il successivo La strada lunga un  anno, racconta la vicenda curiosa di un paesino di montagna isolato, dove un  disoccupato ha un’idea: costruire una strada che colleghi il luogo con la costa.  Girato nel 1957 in Istria, sceneggiato anche da Tonino Guerra, il film viene  candidato al premio Oscar come miglior film straniero. Una nuova stagione della  produzione di De Santis inizia con La garçonnière (1960), che narra  l’avventura extraconiugale di un uomo (Raf Vallone) che infine, deluso, ritorna  in famiglia; continua con Italiani brava gente (1964), una coproduzione  italo-sovietica sulla ritirata di Russia delle truppe italiane, in cui torna  l’ideologia nelle forme della ribellione dei proletari (di ogni parte  belligerante) contro la guerra; e si conclude con Un apprezzato  professionista di sicuro avvenire (1972), con Lino Capolicchio, dove De  Santis si cimenta con le tematiche sociali e di costume della commedia  all’italiana di quel periodo.
Giuseppe De Santis (Fondi, 1917 – Roma,  1997) è considerato uno dei padri e dei principali protagonisti del Neorealismo  cinematografico italiano. Già critico e animatore nell’anteguerra della rivista  “Cinema”, che si proponeva di far uscire il cinema nazionale dai cliché dei  “telefoni bianchi”, collabora inizialmente con Luchino Visconti (per Ossessione, 1943, di cui firma anche la sceneggiatura) e Roberto  Rossellini (per Desiderio, 1946). Nel 1948 realizza il suo primo  lungometraggio, Caccia tragica, che per i temi trattati (la lotta fra i  contadini di una cooperativa e un gruppo di agrari), il ritmo di dramma popolare  e alcune caratteristiche narrative “americane” (scene movimentate e drammatiche,  erotismo), segna e rinnova la stagione del Neorealismo. Questi caratteri  contribuiscono fortemente al trionfo anche al botteghino della prova successiva, Riso amaro (1949), che tratta della dura esistenza delle mondine di una  risaia, in una storia che intreccia l’analisi politica della lotta di classe  alla sfera del privato dei personaggi. De Santis sceglie come protagonista  un’esordiente d’eccezione, Silvana Mangano. Per questo film De Santis e Carlo  Lizzani ottengono la nomination al Premio Oscar per il miglior soggetto. La sua  regia si impone in particolare per l’uso sapiente e originale della gru, del  dolly e della tecnica del pan focus, con cui rappresenta il movimento in  particolare delle folle.