Ecco, ci siamo di nuovo, con personaggi così geniali, da apparire completamente fuori dalla realtà, come il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani e con lui l’altro genio Matteo Salvini e ovviamente Il nonno al servizio del paese, Mario Draghi, partiti come Forza Italia, Lega e PD, con loro altri politici e ministri. Questa gente così geniale dovrebbe sapere almeno che:per costruire una centrale nucleare, ci vogliono dai  10-15 anni, poi ci sono 40 anni di attività circa e infine 50 anni per la disattivazione. Arriviamo dunque al secolo. Ovviamente ai geni che il nucleare sia un pessimo affare per i cittadini non interessa, in quanto loro purtroppo non rispondono ai cittadini, ma alle lobby e in particolare a quelle francesi. Perchè il nucleare è un pessimo affare?  Si, è un pessimo affare. Ma è un affare che, rispetto a qualsiasi altro investimento industriale, ha una caratteristica tutta particolare: i suoi effetti, in termini di ricavi ma soprattutto di costi, si dispiegano in tempi estremamente lunghi; tempi estremamente lunghi ed il fatto che vi siano costi ingentissimi dopo la fine della vita produttiva (caratteristica anche questa pressoché unica nel campo degli investimenti industriali) consente appunto di “nascondere” e “rinviare” i costi falsando per decenni i conti economici. Tanto i ruffiani politici e le lobby ci guadagnano comunque. Come sempre il problema è dei cittadini. Ovviamente senza parlare di rischi per la salute dei cittadini, parliamo dell’impatto ambientale, ne sanno qualcosa i francesi e  i tedeschi, che cercano di nascondere i problemi connessi alle scorie. L’impatto ambientale di una centrale nucleare non può essere dunque del tutto contenuto, in quanto è necessario intervenire in modo strategico sulla sicurezza degli impianti ma soprattutto mettere a punto una strategia per ridurre i rischi legati all’accumulo delle scorie di fissione, che ancora per millenni conserveranno la loro radioattività. Altro aspetto interessante per i geni e ruffiani al servizio delle lobby francesi è il seguente: se confrontato all’inquinamento delle energie rinnovabili, il valore delle emissioni generate dal nucleare è comunque elevato: oltre il triplo del fotovoltaico (33 g/kWh), circa 13 volte in più delle centrali eoliche (tra i 9 e i 7 g/kWh) e quasi 30 volte tanto gli impianti idroelettrici (4 g/kWh). Avete capito bene i geni quanto sono ignoranti! L’Italia è il paese dove le fonti rinnovabili potrebbero coprire il 100% del fabbisogno del paese, ma lavorerebbero piccole e medie aziende italiane e non i produttori e costruttori di centrali nucleari amici dei partiti e dei geni ignoranti. Ditemi voi come si possibile in un paese civile che gente del genere passa essere al governo, invece di pensare al bene del paese lo distrugge e lo annichilisce. Perchè persone oneste, civili, continuano a dare il voto a partiti che odiano questo paese.

Per non dimenticare, ripropongo alcune interviste realizzate ad un grande uomo e giornalista e scrittore Benito Li Vigni

L’inganno del nucleare

Il ministro per lo Sviluppo Economico, Claudio Scaiola, appena insediato il governo Berlusconi, non aveva perduto tempo a indicare nell’energia nucleare la soluzione dei problemi energetici, visto che l’impatto dell’inesorabile aumento del prezzo del greggio peserà sull’economia mondiale, in particolare su quella italiana che più degli altri paesi europei dipende dal petrolio. Rinvigoriti dalla decisione del ministro di avviare, nel 2013, i lavori della prima centrale nucleare italiana, i nuclearisti, ripetono all’infinito che “solo gli impianti nucleari consentono di produrre energia su larga scala, in modo sicuro, a costi competitivi e nel rispetto dell’ambiente”. Qualcuno osserva che fu Enrico Mattei a volere la prima centrale nucleare italiana, a Latina, per una potenza di 200 MW e che entrò in funzione nel 1963. E ricorda che il progetto nacque per non dipendere dai principali paesi produttori di carbone, già ricchi quando l’Italia era povera, come ad esempio l’Inghilterra. A Latina seguirono altri 3 progetti (Iri, Edison, Fiat-Montecatini) per una potenza installata di 500 MW elettrici: programma non piccolo, se si pensa che in quell’anno (1961) la potenza elettronucleare installata esistente negli Stati Uniti era di 466,3 MWe, e quella esistente nell’Unione Sovietica 611, 5 MWe (totale mondiale 1906, 3 MWe). Grandi programmi erano peraltro in corso anche in questi paesi, sicché nel 1963, quando tali programmi verranno realizzati, l’Italia si attribuirà il 5,3 per cento della potenza installata mondiale, che crescerà all’11,4 per cento l’anno successivo.

Ma i custodi della memoria ricordano che il Piano Energetico Nazionale approvato dal Cipe nel 1975 fu sostanzialmente disatteso per la parte nucleare. La situazione di disimpegno – coinciso con il passaggio del programma all’Enel – andò progressivamente accentuandosi e precipitò con il verificarsi dell’incidente di Cernobyl, nel 1986. La mobilitazione dell’opinione pubblica che ne seguì spinse il governo su una posizione drastica, enunciata nel PEN approvato nell’agosto 1988, nel quale il contributo da fonte nucleare in ordine alla copertura del fabbisogno per la produzione di energia elettrica venne completamente azzerato. Restarono i fotogrammi di raccapriccio ai confini dell’inferno, dei corpi bruciati, devastati, deformi; delle madri che hanno partorito creature deformi; di uomini e donne condannati alla contaminazione; di un territorio dove le pietre soffiano morte e abbandono e dove il futuro è cancellato per sempre. Tutto questo perché la distruzione e la contaminazione nucleare cancella ogni forma di vita, presente e futura, rende problematica la sopravvivenza umana, la vita d’ogni essere vivente e d’ogni forma vegetale. Evitare il rischio nucleare rappresenta un valore irrinunciabile della convivenza civile, d’ogni civilizzazione. Non farlo è un sopruso autoritario che niente – nemmeno la più seria motivazione energetica – può giustificare.

Ma il ritorno dell’atomo in Italia, ha trovato il primo ostacolo a Krsko, in Slovenia, a soli 130 km da Trieste. Una battuta d’arresto per i nuclearisti che continuano a ripetere che a Krsko non è accaduto niente di pericoloso e che il nucleare è abbastanza sicuro. A smentirli è il professore Carlo Rubbia, Premio Nobel per la Fisica e che risiede a Ginevra dove ha sede il Cern, l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare. “Non esiste un nucleare sicuro. O a bassa produzione di scorie. Esiste un calcolo delle probabilità, per cui ogni cento anni un incidente nucleare è possibile: e questo evidentemente aumenta con il numero delle centrali”. Con il nucleare il rischio di incidenti non è eliminabile in assoluto, e un incidente nucleare è più grave di qualsiasi altro si possa verificare in centrali di altro tipo. Il disastro di Cernobyl ha dimostrato che l’esposizione cronica alle radiazioni ionizzanti ha effetti ancora in gran parte sconosciuti: 18 anni dopo l’incidente nelle zone limitrofe crescevano ancora piante che mostravano tasso di mutazione abnorme e gli effetti sulla salute umana preoccupano ancora oggi. A inquietare è soprattutto la scoperta, in alcuni bambini, di mutazioni che non esistono nel patrimonio genetico dei genitori né in quello dei fratelli maggiori nati prima dell’incidente, né in quello di coetanei residenti in regioni non contaminate. In pratica si dimostra che l’esposizione alle radiazioni ha danneggiato il materiale genetico delle cellule riproduttive e che l’alterazione si trasmette alle generazioni successive: una terrificante novità, se si considera che neppure a Hiroshima e Nagasaki era stato registrato un fenomeno del genere.

Le centrali nucleari costano molto e richiedono tempi lunghi di realizzazione; hanno poi vita breve: poche arrivano effettivamente ai 30-40 anni teorici e ci si attesta sui 25 anni di media, con costi di smantellamento molto elevati. A causa del costo capitale, dei premi di assicurazione, dei costi di smantellamento finale, di stoccaggio e smaltimento delle scorie, il nucleare copre solo una quota minoritaria, ovvero il 7 per cento del consumo di energia primaria mondiale. La presenza di poche persone che manipolano il nucleare ha ingenerato e ingenera una forte diffidenza nelle popolazioni. Molto scarso è il consenso sociale rispetto al nucleare: sono decine i comuni denuclearizzati in Italia e sarebbe molto difficile superare le resistenze locali per installare oggi una centrale in qualsiasi provincia o comune, se anche si volesse dimenticare che nel 1987 c’è stato un referendum che ha bocciato sonoramente l’opzione energetica nucleare. Nel complesso il nucleare è bocciato non solo dalla diffidenza delle popolazioni, ma anche per l’enormità dei finanziamenti da parte dello Stato: sostanzialmente il nucleare – in regimi di mercato apertamente concorrenziali – non conviene e preclude la sperimentazione di nuove fonti certamente più sicure.

Continueremo nei prossimi post a parlare di nucleare con le interviste realizzate al grande uomo, giornalista e scrittore Benito Livigni. 

Vorrei però ricordare che il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani ha  dichiarato: “il pianeta è sovrappopolato, il numero di abitanti aumenta ed è evidente che c’è un problema di sostenibilità di un ecosistema che è quello del pianeta, progettato per tre miliardi di persone, e dell’essere umano che è biologicamente un parassita perché consuma energia senza produrre nulla…“.

Al minuto 15 del video (che troverete al link di liberopensiero,it), l’apoteosi: dice di poter distruggere qualsiasi cellula con un campo magnetico applicato alle nanoparticelle intelligenti (ossido di ferro) scaldando a 50 gradi con un campo magnetico esterno … “Quindi con quelle nanoparticelle si può uccidere una persona con una frequenza in qualsiasi momento”. (fonte: liberopensiero.it)

Secondo voi queste persone cosa provano veramente degli esseri umani?  Amore, odio, indifferenza. Non credo che gente con idee del genere debbano essere ministri di un paese.