Nemo profeta in patria. Il vecchio adagio vale senz’altro per Ivan Zuccon, regista di horror che gode di una notevole considerazione all’estero pur risultando pressoché sconosciuto nel suo paese, in Italia. Eppure, guardando al curriculum di questo industrioso artigiano dell’incubo, esce fuori che di esperienze significative ne ha già fatte tante: il trentacinquenne regista e montatore è infatti un collaboratore fisso di Pupi Avati, ai lavori del quale ha contribuito sia che si trattasse di documentari televisivi sia approcciando il set di qualche produzione cinematografica, come ad esempio La via degli Angeli del 2001. Parallelamente il nostro Zuccon ha portato avanti, sin dalla metà degli anni ’90, una ruspante produzione di corti orientata comunque verso il genere. La svolta è arrivata nel 1998 con L’altrove, cortometraggio di 25 minuti più ambizioso dei precedenti che è stato notato, non a caso, da una produzione americana, la Prescription Films. E dalla stessa direttrice di questa casa di produzione, l’attrice Tiffany Shepis, è arrivata la proposta di allungare quel soggetto fino a realizzarne un lungo. Così è nato, nel 2000, The Darkness Beyond, lungometraggio d’esordio che si segnalò già allora per un buon riscontro di vendite all’estero. Da  quel momento Zuccon ne ha realizzati diversi, di lungometraggi, mettendo in luce una predilezione per le opere dello scrittore L.P. Lovecraft, riadattato per il grande schermo con grande attenzione verso le atmosfere cupe, raccapriccianti dei suoi romanzi.

Di ascendenza lovecraftiana è anche Colour of the Dark, lungometraggio del 2008 recuperato da Distribuzione Indipendente e lanciato nel suo circuito di sale, come a compensare una disattenzione durata in Italia per troppi anni. Il film di Zuccon ripropone un racconto del 1927, The colour out of space,  ricollocato però dagli Stati Uniti alla provincia ferrarese durante la Seconda Guerra Mondiale. La trama decisamente orrorifica prevede che dal pozzo posto accanto a un casolare, mentre nei dintorni si avverte il peso dell’occupazione nazista, una forza malvagia faccia la sua comparsa contaminando tutto, l’acqua, le piante, le mura stesse della casa, così da generare tormenti terribili per  la famiglia che vi abita e che precipiterà presto in un incubo senza apparente via d’uscita. Ivan Zuccon, appoggiandosi peraltro al quasi solenne commento musicale di Marco Werba, ha buon gioco nel costruire atmosfere cupe e morbose da cui deriva un tentativo, ultimamente sempre più raro, di lavorare sull’orrore puro facendo a meno dell’ironia e di altri correttivi. Tuttavia, rispetto ad altri film dello stesso cineasta, in Colour of the Dark si avvertono alcune sfasature, con quei cedimenti del racconto più o meno piccoli dovuti a una sceneggiatura che non sfrutta a pieno le sue potenzialità. Il rispecchiamento tra l’insorgere di un male crudele, atavico, di chiara origine metafisica e l’orrore della guerra, con la presenza dei nazisti e la macabra vicenda dell’ebrea giustiziata, poteva esse sfruttato molto meglio, per esempio. Mentre tutta quella parte rimane invece un po’ sprecata. Peccato, ma Zuccon è riuscito comunque a far confluire in questo progetto una parte di quel talento per l’horror, che vorremmo vedere all’opera più spesso anche in Italia.