colonialismo-inglese

La storia è ammantata di un alone di morte e malvagità umana e sicuramente il colonialismo inglese, l’imperialismo degli Stati Uniti d’America, lo Stalinismo e i suoi nipoti, le persecuzioni cristiane, il nazismo, il Maoismo e l’attuale partito comunista cinese, sono da annoverare nel libro nero della storia dell’umanità. Pensate, la regina Elisabetta, ancora oggi  è la regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e degli altri reami del Commonwealth, quali:  Antigua e Barbuda, Australia, Bahamas, Belize, Canada, Grenada, Giamaica, Nuova Zelanda, Papua Nuova Guinea, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Isole Salomone e Tuvalu, oltre che governatore supremo della Chiesa d’Inghilterra, comandante in capo delle forze armate, Signora dell’Isola di Man e sovrana di Jersey e Guernsey. L’Inghilterra è un ragno che estende la sua ragnatela ancora in mezzo mondo. Certo il potere e l’influenza non viene più esercitata con la forza delle armi, ma con i colletti bianchi, i vari emissari, le influenze, i ricatti. Qualcuno potrebbe pensare che sono solo cariche simboliche, ma non è così. Esercitano un potere oscuro, con loro uomini ai posti di potere. Anche negli Stati Uniti d’America si estende la ragnatela inglese con il partito democratico o parte di esso, come in Italia con li Pd e altre forze politiche. Un potere occulto, misterioso, che si tramanda nei secoli tramite linee di sangue.

Lo statista americano Lyndon LaRouche e i suoi collaboratori nel mondo ripetono continuamente una verità assai sgradevole ma essenziale per capire ciò che accade nel mondo: gli imperi finanziari di Wall Street e della City di Londra cercano, con la copertura di una politica “rispettosa” dell’ambiente e del clima, di riportare la popolazione mondiale al di sotto dei due miliardi di abitanti.

La storia è piena di esempi che mostrano come l’Impero Britannico abbia organizzato dei genocidi, provocando la morte di decine di milioni di persone non per quel che avevano, ma per quel che erano. Nei libri di scuola questa verità non trova spazio, perchè si copre con ogni mezzo una verità scottante ossia prima dei nazisti ci furono governi che utilizzavano gli stessi metodi. Purtroppo i metodi nazisti sono stati utilizzati anche dopo.

Nessuno in Europa, per esempio, nega gli accadimenti in Irlanda, tra il 1845 e il 1852,  nota come la grande carestia delle patate e l’emigrazione che questa provocò, riducendo di un quarto la popolazione iniziale. Infatti, dal 1845 al 1848, la peronospora, malattia della patata, distrusse la maggior parte delle coltivazioni. La carestia non tardò a scoppiare violenta, provocando diverse epidemie (tifo, dissenteria, scorbuto). La gente moriva a decine di migliaia, ai bordi delle strade. Si ritrovavano cadaveri con l’erba in bocca. Si dibatte anche sul fatto che la peronospora non sia stata causata direttamente dagli inglesi.

Durante questo periodo, il commercio con l’Inghilterra continuava tranquillamente, visto che Londra aveva rifiutato di bloccare l’esportazione di viveri nonostante le circostanze. l diari di porto attestano che, per un battello che arrivava pieno di viveri per gli affamati, ne partivano sei pesantemente caricati a grano o a bestiame, diretti in Inghilterra.  la fama del Paddy inattivo e sfaccendato spinse alcuni deputati alla Camera dei Comuni a consigliare, al contrario, di “abbandonare I’lrlanda all’azione delle “cause naturali”, per non incitare un popolo indolente a vivere della pubblica carità”! Le conseguenze sul piano economico e umano della carestia e dell’emigrazione furono disastrose: in 10 anni, la popolazione dell’isola passò da 8.500.000 abitanti a 6.000.000 (il movimento si accentuò negli anni che seguirono fino ad abbassare il numero a 4.000.000 di abitanti all’inizio del XX secolo). Probabilmente furono gli inglesi a diffondere il parassita peronospora.

Campi di concentramento boeri (Sud Africa)

Nel giugno 1900, quando si svolse l’assemblea a Queen’s Hall, la politica della «terra bruciata» in Sud Africa era ormai praticata su larga. Iniziata con la certezza di una guerra breve e vittoriosa, la guerra del Sud Africa si rivelò lunga e devastante; coinvolse non soltanto boeri e britannici, bensì anche le popolazioni native. Una guerra, per molti versi diversa dalle guerre coloniali del XIX secolo, combattuta per il controllo di una terra non europea e contro un popolo dalle origini europee che da quella terra aveva già espulso i nativi. Dopo aver occupato Johannesburg e Pretoria (tra il 31 maggio e il 5 giugno 1900) la Gran Bretagna, in aperta violazione del diritto internazionale, dichiarò l’annessione delle due repubbliche, annessione che i boeri non riconobbero e, organizzati in commando, intrapresero azioni di guerriglia. Fu allora che le autorità militari britanniche adottarono la politica della terra bruciata: migliaia di fattorie distrutte, almeno 120.000 persone internate in 58 campi di concentramento, dove oltre 22.000 bambini persero la vita. Una deliberata ritorsione nei confronti della parte più debole della popolazione; ancora un anno più tardi, il 17 settembre 1901, il generale Roberts, che già aveva fatto ricorso all’incendio e alla distruzione dei villaggi su larga scala nel corso delle guerre afgane, affermò che solo attraverso le rappresaglie sui civili sarebbe stato possibile vincere la guerra. Incendi e devastazioni erano state prassi consuete nelle guerre coloniali del XIX secolo, considerate le misure più efficaci per impressionare e sottomettere i nativi. Tuttavia, neppure nelle guerre afgane il ricorso agli incendi fu così sistematico; per la prima volta venne annientata un’economia agricola sviluppata, furono date alle fiamme non semplici capanne, bensì fattorie, attrezzi agricoli, magazzini, forni e mulini e fu abbattuto un numero enorme di capi di bestiame.

il massacro di Amritsar (India)

Alle nove del mattino di domenica 13 aprile 1919, una folla pacifica di hindu, sikh e musulmani si è raccolta fin dalla mezzanotte nello spazio erboso di poco più di due ettari, una sorta di grande piazza, il Jallianwala Bagh, ad Amritsar, città del Punjab, regione nordoccidentale dell’India, per celebrare il Baisakhi, la festa tradizionale sikh della primavera.
La tensione è andata crescendo in India, dopo l’applicazione del Rowlatt Act: gravi episodi di violenza contro persone e cose si sono verificati in molte zone dell’India, ed in particolare anche nel Punjab.

 Il colonnello Reginald Dyer, giunge con un contingente di truppe composto dalla seconda compagnia del 9° Gurkha Rifles, dal 54° Sikh e dal 59° Sind Rifles, una cinquantina dei quali sono armati di fucile 303 Lee-Enfiled ad otturatore girevole-scorrevole; sono accompagnati anche da due autoblindo con mitragliatrici in torretta. Dyer ordina di aprire il fuoco dirigendo il tiro sui punti dove la folla è più concentrata: i suoi soldati sparano per circa dieci minuti senza interruzione, tirando oltre 1.650 colpi, fino a quando non avranno quasi del tutto esaurito le proprie munizioni. Spiegherà poi che il suo scopo “non era quello di disperdere la riunione, ma di punire gli Indiani per la loro disobbedienza”. La folla, variamente stimata fra seimila e ventimila persone, alcuni dicono che ci fossero più di cinquecentomila persone, nonostante non abbia commesso alcuna violenza, non ha scampo: il bilancio ufficiale delle vittime del massacro parla di 337 vittime, tra cui 41 ragazzi e persino un bimbo di sei settimane. Una successiva inchiesta del Congresso Indiano porterà il bilancio a oltre 1000 vittime. Alcune stimano parlano di oltre 10.000 vittime. E’ difficile dare una stima esatta delle vittime, per le manipolazioni inglesi.

la divisione dell’India

La Partizione dell’India britannica dell’agosto 1947 ha dato vita all’India e al Pakistan, quest’ultimo originariamente diviso in due parti, una delle quali è poi divenuta l’attuale Bangladesh. Si è trattato di un evento storico eccezionale, conseguenza dell’imbarazzo dei coloni di fronte al dilagante problema costituito dal conflitto religioso e dai contrasti etnici e comunitari, alimentati in parte proprio dal perdurante dominio inglese nel Subcontinente. Malgrado l’eroica e straordinaria rivoluzione nonviolenta promossa da Gandhi, passata alla storia come satyagraha, la divisione dell’Impero tra India e Pakistan coincise con l’aumento della violenza che stava da tempo logorando il Nord dell’India, in particolare il Punjab e le pianure del Bengala, estendendosi in modo sistematico su tutto il territorio fino ad assumere il carattere di genocidio (si veda a di seguito l’approfondimento ‘carattere degli scontri’).

A dare il via agli scontri (durati ininterrottamente per 42 mesi, fino al 1950) fu il Grande Massacro di Calcutta dell’agosto 1946, orchestrato da influenti mandanti sulla base di necessità politiche volte a dimostrare l’incompatibilità tra comunità hindu e musulmana. Le violenze di Calcutta sono ricordate dagli storici anche come momento di svolta cruciale nel carattere del conflitto: a partire dal 1946 i ‘disordini comunitari’ che in precedenza coinvolgevano prevalentemente uomini, si trasformarono in ‘pulizia etnica’ estesa anche a donne e bambini. In questo clima di violenza estrema nell’agosto 1947 ebbe inizio la più imponente migrazione forzata della storia del Novecento (continuata senza sosta fino al 1955), che coinvolse almeno 15 milioni di persone e fu basata su linee di demarcazione religiosa. Lungo le rotte migratorie, carovane sempre più lunghe di disperati si incrociarono fuggendo verso la nuova patria, l’India per gli hindu e i sikh, il Pakistan per i Musulmani. Durante queste fughe da villaggi e città martoriati, i profughi continuarono ad essere bersaglio di violenze inaudite da parte delle comunità rivali. I numeri delle vittime sono ancora oggetto di dibattito, ma si stima oscillino tra i 2 milioni e i 10 milioni. Le difficoltà del conteggio derivano dalle alluvioni monsoniche che spostarono i corpi, dallo smaltimento in massa dei cadaveri e dal collasso amministrativo dell’epoca. Centinaia di famiglie vennero divise, migliaia di donne stuprate brutalmente o costrette al suicidio (o ammazzate dai mariti stessi) pur di non finire nelle mani degli aggressori, mentre 100 mila almeno furono rapite da una parte all’altra della frontiera e costrette a vivere come mogli prigioniere o schiave all’interno delle case degli aguzzini (si veda più avanti il capitolo ‘donne’). Questa è la politica inglese adottata nel colonie simile al nazismo. Ci sono delle perle del razzismo e nazismo inglese proprio nel frasi di alcuni esponenti: Odio gli indiani”, disse a Leopold Amery, Segretario di Stato per l’India, sono un popolo bestiale con una religione bestiale […] Si moltiplicano come conigli”. A una richiesta urgente di cibo per l’India, rispose: Se davvero il cibo è così scarso, per quale ragione Gandhi non è ancora morto?

I coloni britannici fecero morire di fame oltre sessanta milioni di indiani. Perché? (di Ramtanu Maitra)

“La mancanza cronica di cibo e acqua, la mancanza di igiene e di assistenza medica, la trascuratezza nei mezzi di comunicazione, la povertà delle misure educative, l’onnipresente spirito di depressione che vidi di persona, prevalente nei nostri villaggi dopo oltre un secolo di dominio britannico, mi fa perdere ogni illusione sulla loro benevolenza.”
Radindranath Tagore

“Se la storia del governo britannico dell’India fosse condensata in un singolo fatto, questo sarebbe che in India non vi fu alcun aumento di reddito procapite dal 1757 al 1947.”
Mike Davis, “Late Victorian Holocausts: El Nino Famines and the Making of the Third World”, London, Verso Books, 2001.

Churchill, spiegando perché difendesse l’accumulo di cibo in Gran Bretagna, mentre milioni di persone morivano di fame in Bengala, disse al suo segretario privato che gli hindu sono una razza sudicia, protetta grazie alla sua continua riproduzione dal destino che merita”.
Madhusree Mukerjee, “Churchill’s Secret War: The British Empire and the Ravaging of India during World War II (La guerra segreta di Churchill: l’impero britannico e la devastazione dell’India durante la seconda guerra mondiale)”, New York: Basic Books.

Durante i centonovant’anni di saccheggio e di sfruttamento per mano britannica, il subcontinente indiano subì una dozzina di grandi carestie, che nel loro insieme uccisero milioni di indiani di ogni regione. Quanti milioni di indiani perirono in questo modo non è facile da stimare con esattezza, tuttavia i dati forniti dai dominatori britannici indicano che potrebbero essere sessanta milioni e se loro dicono sessanta, tale cifra andrebbe moltiplicata per 5, in quanto sono maestri della disinformazione. Ovviamente, la cifra reale potrebbe essere di gran lunga superiore. Gli analisti britannici imputano alla siccità il crollo della produzione agricola che portò alle carestie, ma questa è una mera menzogna. I britannici, impegnati nelle guerre in Europa (e altrove) e nell’impresa coloniale in Africa, esportarono grano dall’India per sostenere le proprie operazioni militari, causando così la penuria di cibo in India. Gli abitanti che si trovarono a vivere nelle zone colpite delle carestie vagavano senza meta, ridotti a scheletri ricoperti di pelle, e morivano a milioni.

Gli inglesi dietro all’alone aleatorio di grande democrazia, vantano genocidi, razzismo, campi di concentramento come i nazisti, violenza su popolazioni inermi, sfruttamento criminale delle risorse di altri paesi, offrendo in cambio povertà e condizioni di vita miserabili.

Questa è democrazia? Questo nazione può elevarsi moralmente e condannare le altre nazioni? No, Al pari della Germania, degli Stati Uniti, sono stati massacratori di popoli e civiltà.