Mentre l’Occidente e i partiti continuano a blaterare contro la Palestina e qualcun altro contro Israele, il conflitto è divampato con esiti imprevedibili per l’umanità intera. I vari Biden, Macron, Scholz, Xi Jinping, Putin e altri capi di governo, non hanno più il controllo dei loro paesi; i governi, sono affiancati da entità private che controllano pezzi dello stato e decidono il destino di miliardi di persone. I mercanti di morte sono sempre in azione e alcuni di questi sono società immense: Blackrock, Vanguard, State Street. Entrambe sono presenti nel settore degli armamenti e in settori connessi alle guerre. Un’altro aspetto inquietante è il seguente: “ I tre fondi sono strettamente intrecciati fra loro, Vanguard e State Street detengono insieme il 12% di Blackrock; Vanguard e Blackrock possiedono il 18% di State Street; mentre Blackrock e State Street hanno il 20% di Vanguard e sono al centro di un vasto intreccio azionario, in cui compaiono altri importanti Mutual Funds e soggetti finanziari (tra cui: Fidelity, T-Rowe, Goldman Sachs, J.P. Morgan, Morgan Stanley). Le masse finanziarie da loro gestite agiscono come all’interno di un sistema gravitazionale, capace di provocare qualsiasi reazione sull’intera costellazione bancaria, assicurativa, politica mondiale mondiale. Sono in grado di influenzare le politiche degli stati e attraverso i loro sudditi scatenare guerre. Gli altri fondi presenti sul mercato agiscono come loro satelliti per il controllo del mercato globale e in tutti i settori“. Prima di parlare della guerra tra Israele e Palestina è capire chi ci guadagna, cosa si vuole ottenere e perchè.

Uno dei motivi è dovuto ai paesi aderenti al Brics.

Cosa vuol dire Brics?

BRICS è un raggruppamento delle economie mondiali emergenti formato con l’aggiunta del Sudafrica nel 2010 al precedente BRIC (Brasile, Russia, India e Cina e Sud Africa). L’acronimo originale “BRIC”, o “BRICs”, è stato coniato nel 2001 dall’economista della Goldman Sachs Jim O’Neill per descrivere le economie in rapida crescita che avrebbero dominato collettivamente l’economia globale entro il 2050. Questi paesi condividono una situazione economica in via di sviluppo e abbondanti risorse naturali strategiche e, soprattutto, sono stati caratterizzati da una forte crescita del prodotto interno lordo (PIL) e della quota nel commercio mondiale, specie agli inizi del XXI secolo. Tali economie si propongono di costruire un sistema commerciale globale attraverso accordi bilaterali che non siano basati sul dollaro.

Durante il summit a Johannesburg del 22-24 agosto 2023, i 5 membri del BRICS hanno ufficialmente invitato ad unirsi al gruppo Arabia Saudita, Argentina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e Iran; che dovrebbero diventare membri effettivi dal 1º gennaio 2024.

Questo è uno dei motivi per creare scompiglio, scompaginare le carte in tavola, con un conflitto mondiale, dove i tre fondi ci guadagnano e spingono più in la l’ipotesi dell’adesione degli altri paesi al Brics. E’ vero che sono senza scrupoli e cercano di guadagnare anche tra i Brics, dove già sono infiltrati, ma un cambio di paradigma mondiale dove gli Stati Uniti e l’economia londinese hanno meno peso nello scacchiere mondiale, manderebbe in tilt anche i loro affari. Teniamo presente che dietro ai tre fondi senza mai apparire ci sono i fondi di famiglie reali, del vaticano, dei rothschild e altre famiglie secolari che operano nell’ombra e buona parte della massoneria.

Il motivo scatenante della guerra  viene dall’esterno come abbiamo sottolineato, utilizzando come grimaldelli i loro sudditi da una parte e dall’altra.

Perchè la guerra tra Palestinesi e Israeliani che sono popoli fratelli?

 

La questione tra Israele e Palestina è un argomento complesso e storico che ha radici profonde, la situazione è molto complessa e non può essere completamente spiegata in un breve riassunto.

Contesto Storico:

  • Prima della Prima Guerra Mondiale: La regione era parte dell’Impero Ottomano.
  • Dopo la Prima Guerra Mondiale: La Società delle Nazioni assegnò il mandato della Palestina al Regno Unito.
  • 1947: L’ONU propose un piano di partizione, che avrebbe diviso la Palestina in due stati, uno ebraico e uno arabo. Gli ebrei accettarono il piano, ma gli arabi lo rifiutarono, almeno questo viene sbandierato. In realtà ciò che era stato promesso è stato stravolto successivamente; verbalmente l’accordo per la spartizione del territorio era diversa da ciò che è stato scritto e questo ha portato conseguenze.

Stato di Israele e Conflitti Successivi:

  • 1948: Israele dichiarò la sua indipendenza, il che portò alla guerra arabo-israeliana. Israele riuscì a mantenere e ampliare il suo territorio.
  • 1956, 1967, 1973: Altre guerre tra Israele e i paesi arabi circostanti.
  • 1967: Durante la Guerra dei Sei Giorni, Israele occupò la Cisgiordania, Gaza, le Alture del Golan e la Penisola del Sinai.

Questioni Chiave:

  • Rifugiati: Milioni di palestinesi sono diventati rifugiati e la loro richiesta di diritto al ritorno è una questione chiave.
  • Insediamenti: Israele ha costruito insediamenti in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, che sono considerati illegali secondo il diritto internazionale, ma Israele contesta questo.
  • Status di Gerusalemme: Entrambe le parti rivendicano Gerusalemme come capitale.
  • Sicurezza: Attacchi e violenze da entrambe le parti hanno portato a misure di sicurezza severe e a tensioni continue.

Tentativi di Pace:

  • Ci sono stati numerosi tentativi di risolvere il conflitto, inclusi gli Accordi di Oslo negli anni ’90 e il “Road Map for Peace” nel 2003, ma nessuno ha portato a una soluzione duratura.
  • La soluzione a due stati, che prevede la coesistenza di Israele e Palestina come nazioni separate, è generalmente accettata a livello internazionale come la base per qualsiasi accordo di pace, ma rimane irraggiungibile a causa di numerosi ostacoli.

Situazione Attuale:

  • La situazione rimane tesa con episodi di violenza e instabilità.
  • La questione dei confini, lo status dei rifugiati palestinesi, la sicurezza, e lo status di Gerusalemme sono alcune delle questioni centrali ancora irrisolte.
  • Di nuovo guerra: Il 7 ottobre 2023 dalla Striscia di Gaza parte un massiccio lancio di migliaia di razzi verso Israele che raggiungono anche Tel Aviv e Gerusalemme. Dietro all’attacco c’è Hamas: viene lanciata l’Operazione al-Aqsa, per “mettere fine ai crimini” di Israele. Mentre miliziani del gruppo sfondano le barriere fisiche che separano la Striscia dal territorio di Israele, il governo di Tel Aviv risponde con un’operazione militare che chiama “Spade di ferro”. Decine di migliaia di riservisti vengono richiamati nell’esercito e Netanyahu – rieletto primo ministro nel dicembre 2022 – annuncia ai cittadini: “Siamo in guerra e vinceremo”.

In realtà c’è qualcosa di strano e vediamo perchè: sempre più forte cresce il sospetto che il potentissimo Mossad e quindi i Netanyahu non tanto abbiano organizzato – ma sicuramente consentito – l’attacco di Hamas con due scopi: terrorizzare e quindi neutralizzare la popolazione di Israele oramai ferocemente ostile al governo sionista – che sia pure minoritario – governa da 70 anni e allo stesso tempo avere il pretesto per eliminare una volta per tutte i palestinesi, i filistei della Bibbia, gli abitanti legittimi della Palestina.
Filistei ed ebrei sono entrambe vittime degli ashkenaziti che tengono in ginocchio non solo Israele ma l’intero Occidente. I veri ebrei devono finalmente aprire gli occhi e liberarsi di coloro che ebrei non sono ma mentiscono, essi sono la Sinagoga di Satana (Giovanni, Apocalisse).

L’incessante rivolta delle piazze in Israele contro la legge salva Netanyahu

Il Primo ministro israeliano ha fatto approvare dalla Knesset in prima istanza il decreto che limita il potere della Corte Suprema e che potrebbe interrompere i suoi processi per corruzione. Questa prova di forza ha scatenato diverse manifestazioni popolari, rischiando di dividere il Paese ancora di più;

Israele contro Israele, al limite della guerra civile. Questo è quello che sta succedendo in una protesta che, ormai da settimane, ha uno slogan ripetuto sopra a tutti. “Democrazia o ribellione”. Questo è il significato della “marcia su Gerusalemme”, iniziata martedì in sordina, poche migliaia di persone partite da Tel Aviv nel cuor della notte, pian piano, accampate lungo la strada. Poche migliaia che sono poi diventate venti, trentamila lungo il percorso e che oggi, sabato, sono diventate più del doppio. L’autostrada numero 1 è stata chiusa, e l’immagine dai droni e di una vera e proprio marcia della Israele laica che non rispetta i dettami dello shabbat, entra a Gerusalemme e si unisce a coloro che invece seguono i precetti del sabato.

Non era mai successo, in 75 anni di vita dello stato di Israele. Se non, forse, quando la sconfitta nella guerra dello Yom Kippur costò all’allora premier Golda Meir il posto e la carriera politica. Dopo la vittoria elettorale del dicembre 1973, dopo la fine della guerra, Golda Meir resistette solo pochi mesi alla testa del suo governo. Molti, tra i commentatori, ricordano la storia e, soprattutto, la ricordano a Benjamin Netanyahu, accusato di voler riformare la giustizia per evitare i suoi personali guai giudiziari e le indagini in corso su di lui da anni che ne fanno un’anatra zoppa politica, ostaggio di una destra estrema che vuole cambiare tutto ciò che è possibile cambiare, negli equilibri politici e istituzionali.

Ehud Barak, uno dei più famosi premier-generali della storia israeliana, ha postato un tweet in cui consiglia a Netanyahu di bere un po’ d’acqua, perché questo “è solo l’inizio”. Un neanche tanto velato riferimento al malore che ha colpito Netanyahu pochi giorni fa, dovuto – è stato detto – alla mancata idratazione in un giorno molto caldo, non solo in Italia ma anche in Israele.

Netanyahu con l’ attacco palestinese cerca una via di salvezza per le sue malefatte?

DA GERUSALEMME: NETANYAHU COLPEVOLE DEL DISASTRO DI ISRAELE, SECONDO HAARETZ

In Israele, l’unità nazionale prevale per il momento di fronte all’attacco terroristico di Hamas. Solo Haaretz ha scelto di rompere questa tregua politica per lanciare un attacco molto violento a Benyamin Netanyahu, il Primo Ministro israeliano. La sua argomentazione in due tempi ne fa il principale colpevole di una situazione che il movimento islamista è stato capace di sfruttare.

Da quando il massiccio attacco terroristico di Hamas contro Israele è iniziato sabato mattina, all’interno della classe politica ha prevalso una logica di unità nazionale.

I leader dei principali partiti di opposizione, Yair Lapid (Yesh Atid), Benny Gantz (HaMahane HaMamlahti), Avigdor Liberman (Yisrael Beytenu) e Merav Michaeli (Partito Laburista Israeliano) hanno dichiarato: «In giorni come questo, non c’è opposizione né coalizione in Israele». Hanno anche annunciato di essere pronti a far parte di un governo di unità nazionale fino a quando dureranno i combattimenti – alcuni di loro, come Yair Lapid, hanno comunque chiesto la rimozione di alcuni ministri di estrema destra, tra cui Bezalel Smotrich, leader del Partito Sionista Religioso, che ricopre le cariche di Ministro delle Finanze e Ministro delegato alla Difesa.

Nello stesso momento, i movimenti dei cittadini, che da gennaio si battono contro la riforma della giustizia di Benyamin Netanyahu, hanno annunciato di sospendere le loro attività e di voler mobilitare le loro reti per aiutare la popolazione del sud di Israele, dove è avvenuto l’attacco di Hamas.

In breve, mentre è impensabile che le politiche di Benyamin Netanyahu non vengano messe in discussione nelle prossime settimane, lo spirito del momento è unirsi di fronte al peggior attacco che Israele abbia mai subito. Una voce dissenziente si è però fatta sentire, e non di poco conto: domenica, Haaretz ha pubblicato un editoriale violentemente critico nei confronti del Primo Ministro israeliano. Situato a sinistra dello spettro politico israeliano e molto ostile agli insediamenti e, più in generale, alle politiche di Netanyahu, il giornale fondato nel 1918 è ancora molto letto in Israele: con 75.000 lettori al giorno si trova al quarto posto, anche se molto staccato rispetto ai pesi massimi come Yediot Aharonot e Israel Hayom.

In questo articolo non firmato, il quotidiano indica in Benyamin Netanyahu il principale colpevole del «disastro». Anticipando la futura linea di difesa del Primo Ministro, che senza dubbio sarà tentato di scaricare le responsabilità sui servizi di sicurezza, Haaretz ritiene che sia stato lui stesso a rendere possibile questa situazione: disorganizzando i servizi di sicurezza, accusati di essere troppo vicini all’opposizione e portando l’estrema destra nel suo governo, scelta che avrebbe contribuito a peggiorare le relazioni con i palestinesi. In breve, facendo di tutto per evitare la giustizia, fino a sacrificare la sicurezza dei suoi cittadini, Benyamin Netanyahu avrebbe finito per fare il gioco di Hamas.

Sebbene il testo sollevi una serie di punti chiave, che saranno senza dubbio discussi in Israele nelle settimane e nei mesi a venire, la decisione di pubblicarlo così presto dopo l’attacco terroristico ha perplesso l’opinione pubblica. Il quotidiano è già stato accusato di aver rotto la necessaria unità nazionale e persino di aver fornito delle argomentazioni agli oppositori dello Stato ebraico, sminuendo la responsabilità di Hamas nell’attacco… Tuttavia, come parte della nostra copertura della guerra del Sukkot, abbiamo deciso di renderlo disponibile al pubblico europeo, con il commento di Eva Illouz. È rappresentativo di una posizione strutturante che non deve essere trascurata se vogliamo cogliere il «grande contesto».

Il disastro che ha colpito Israele a Simchat Torah è chiaramente colpa di una sola persona: Benjamin Netanyahu. Il Primo Ministro, che si vantava della sua vasta esperienza politica e della sua insostituibile competenza in materia di sicurezza, ha completamente fallito nell’identificare i pericoli a cui stava consapevolmente conducendo Israele, istituendo un governo di annessione e di espropriazione, nominando Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir a posti chiave e adottando una politica estera che ignorava palesemente l’esistenza e i diritti dei Palestinesi.

Netanyahu cercherà certamente di sottrarsi alle sue responsabilità e di scaricare la colpa sui capi dell’esercito, dell’intelligence militare e dello Shin Bet che, come i loro predecessori alla vigilia della Guerra dello Yom Kippur, consideravano bassa la probabilità di una guerra e i cui preparativi in caso di attacco di Hamas si sono rivelati inadeguati.

Hanno disprezzato il nemico e le sue capacità militari offensive. Nei prossimi giorni e settimane, quando verrà alla luce l’intera portata dei fallimenti dell’esercito e dei servizi di intelligence israeliani, emergerà inevitabilmente la richiesta giustificata di sostituirli e di fare un bilancio. continua su: le grand continent

Ritornando al punto di partenza, Benjamin Netanyahu, non si sarebbe mosso se non sollecitato da chi detiene il potere e quando gli scopi coincidono.