Una delle piu’ importanti e significative cause scatenanti la debacle europea e’ racchiusa nella tesi di Mundell, che fissa tre principi cardini affinche’ un’area geografica, comprensiva di svariati Paesi, possa avere un’unione monetaria.
L’economista canadese fissava tre punti chiave, da i quali non si poteva prescindere per il raggiungimento di un sistema economico condiviso e stabile:
- Il grado di correlazione tra i clicli economici dei diversi Paesi appartenenti alla stessa area valutaria, deve essere uguale. Pertanto se si andava a calcolare la correlazione tra l’andamento del tasso di crescita del PIL dei singoli Paesi e quello complessivo dell’Area Euro si potevano notare forti disparita’. In Europa infatti, la Grecia viaggiava al di sotto del 29%, l’Irlanda al 51% cosi’ come per il Portogallo, che si attestava al 52%. D’altro canto Germania, Francia e Italia si collocavano tutti sopra il 90%.
In questa situazione, la moneta unica fu destabilizzante, poiche’ era troppo restrittiva per i Paesi a bassa crescita e troppo espansiva per quelli core. Infatti, lo spread tra i due diversi scenari non fece altro che ingigantirsi
- Mobilita’ dei fattori produttivi e flessibilita’ dei salari. Questo elemento puo’ sembrare un fattore positivo e di facile implementazione, al contrario sara’ lo strumento attraverso il quale le disparita’ sociali cresceranno a dismisura. Di fatto la mobilita’ del lavoro per le difficolta’ linguistiche e culturali che si possono apprezzare in Europa, non fa si che si sviluppi un concetto di globalizzazione piu’ ampio, dove i cittadini di uno stato piu’ grande (l’Europa) si possano liberamente muovere al suo interno, cercando il proprio benessere personale ed economico. Quindi laddove ci fosse forte disoccupazione, ci si possa trasferire in Paesi con alta occupazione. Certo le conseguenze non saranno del tutto positive. Infatti, la mobilita’ dei fattori produttivi comportera’ anche la flessibilita’ dei salari, conseguenze che tenderanno a classificare nettamente tre categorie di lavoratori: unskilled, skilled e high skilled. I primi, sono gli addetti per la manodopera, operai, funzionari, che svolgono un lavoro per il quale non serve specializzazione. Questo sara’ il settore dove si abbattera’ la speculazione e la ricerca del basso costo, poiche’ sono lavori riproducibili in scala in Paesi dove il costo della manodopera e’ molto basso. La seconda categoria, quella composta dagli skilled, sara’ pagata meglio rispetto a quella unskilled ma di certo anche questa tendera’ a schiacciarsi verso il basso. A livello di salari, un ingegnere Bulgaro costera’ la meta’ di uno Italiano, per cui per una societa’ sara’ piu’ conveniente prendere un ingegnere italiano e tre bulgari. L’ultima classe di lavoratori, quella composta dagli high skilled, potraa’ godere di condizioni salariali migliori e sara’ parte essenziale della societa’, ma purtroppo sono in media solo il 5-10% del totale dei lavoratori.
- Assenza di una politica fiscale centrallizzata. Il passo piu’ importante dovra’ essere giocato sul campo della disciplina fiscale, poiche’ le disparita’ di tassazione favoriscono l’accentramento degli investimenti nei Paesi con aliquote piu’ basse e svuoterebbero le casse esattoriali di quelli con aliquote piu’ alte (fenomeno che si puo’ apprezzare con l’Irlanda, che ha una tassazione al 12,5%). Inoltre si creerebbe una cassa comune dalla quale i Paesi in difficolta’ potranno attingere, al fine di mantenere una certa stabilita’ in termini economici.
Le disparita’ evidenziate, hanno fatto si che il meccanismo dell grande orologio finanziario, si sia inceppato piu’ volte e sicuramente necissita’ di una revisione del framework normativo, alla luce anche di quanto affermato dal premio nobel per l’economia (1999) Robert Alexander Mundell.
GIOVANNI MARIA LEPORI